«È stato mio suocero, Andrea Stival, a uccidere Loris». Le parole di Veronica Panarello, la mamma accusata di avere ucciso il 29 novembre 2014 il figlio di 8 anni e di avere gettato il corpicino in un canalone nelle campagne di Santa Croce Camerina, nel Ragusano, sono rimbombate nell'aula del tribunale di Ragusa dove ieri si è celebrata l'udienza del processo dinanzi al gup Andrea Reale, in rito abbreviato condizionato a perizia psichiatrica.
Quel faccia a faccia con negatole dal magistrato ma tanto richiesto dall'imputata - che voleva confrontarsi col suocero, con cui sostiene di avere avuto una relazione, motivo per cui lui avrebbe ucciso il nipotino che aveva visto più di quel che doveva e minacciava di riferirlo a papà Davide - in fondo è come se ieri ci sia stato, anche se non in forma ufficiale. E lei, Veronica, non guardava Andrea. È andata dritta per la sua strada, lanciandosi nelle preannunciate dichiarazioni spontanee con un'aria che l'avvocato Francesco Biazzo, legale di Andrea, ha definito di «stucchevole freddezza».
La Panarello, difesa dall'avvocato Francesco Villardita, si è detta pronta a essere punita ma non per quello che non ha fatto. «Se ci sono mie responsabilità pagherò, ma con me deve farlo l'esecutore materiale del delitto: mio suocero. Non posso dire assolutamente, neanche sotto costrizione, di essere stata io a uccidere mio figlio». E di colpe Veronica ne ha ammesse confermando la sua ultima verità, ma allontana da sé il più terribile dei reati: l'uccisione di un figlio.
In un'ora e mezza di dichiarazioni, interrotte da una breve pausa perché sembrava stanca, ha ammesso di avere legato i polsi di Loris con fascette di plastica su richiesta del suocero. Sostiene poi di essere uscita dalla stanza per rispondere al telefono al marito, che ieri ha preferito non esserci. Per lui c'era l'avvocato Daniele Scrofani.
Veronica racconta che al rientro in stanza Loris era già stato strangolato dal nonno con un cavetto usb grigio. Una versione che fa a pugni con l'esito dell'autopsia del dottor Giuseppe Iuvara, che indica quale arma del delitto delle fascette. I due amanti, secondo la versione di Veronica, avrebbero poi caricato in auto il corpicino avvolto in un plaid per dirigersi in contrada Mulino Vecchio per sbarazzarsene.
Veronica già in passato ha spiegato la presenza di Andrea in casa sostenendo di averlo incontrato per strada al ritorno dalla ludoteca dove aveva accompagnato il figlio più piccolo. Gli avrebbe dato un passaggio in auto e insieme sarebbero saliti nell'appartamento dove c'era Loris. Ma gli esiti scientifico-investigativi smentiscono la versione. Le telecamere sparse per il paese non inquadrano Andrea mentre va dalla propria abitazione verso quella del figlio. Gli investigatori hanno anche calcolato il tempo che si impiega nel tragitto che avrebbe fatto Veronica. Se la donna si fosse fermata a caricare in auto il suocero avrebbe perso del tempo, ma, paradossalmente, il tempo impiegato immortalato dalle telecamere è minore rispetto a quello calcolato.
«Il fatto che non riesca a dimostrare che mio suocero fosse in casa con me al momento del delitto non significa che non ci fosse», ha commentato Veronica. «Troppo fango si è mosso - ha detto Andrea all'uscita dall'aula -.
Voglio pace, rispetto e giustizia per la famiglia e per il bambino». Il suo legale si dice «assolutamente sbalordito per le dichiarazioni di Veronica» ed è pronto a sporgere querela per calunnia. La prossima udienza è in calendario per il 3 ottobre.
- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
- sabato, domenica e festivi dalle ore 10:00 alle ore 18:00.