«Non rinnego niente di quello che ho fatto», le parole di Luca Traini, il 28enne di Tolentino che lo scorso 3 febbraio terrorizzò Macerata, sparando dalla sua auto a tutti i neri che incontrò lungo il suo cammino, pesano come un macigno. Ora c'è un filmato, quello dell'interrogatorio a cui il pm maceratese, Stefania Ciccioli, lo sottopose alla presenza del suo legale, l'avvocato Giancarlo Giulianelli.
Le dichiarazioni sono scioccanti: «Io volevo colpire chi spaccia, come quello che ha venduto la droga a Pamela. Non è colpa mia poi se a Macerata tutti gli spacciatori sono neri». Tra le motivazioni che lo spinsero a colpire c'è proprio il brutale omicidio della 18enne romana al cui funerale, tenutosi sabato scorso nella Capitale, Luca ha inviato una corona di fiori. Domani inizierà il processo, alla Corte d'Assise del Tribunale della città marchigiana, nel cui corso il 28enne dovrà rispondere dell'accusa di strage, tentato omicidio plurimo, esplosione pericolosa in aria di arma da fuoco, porto illegale di pistola e munizioni e danneggiamento. Il giovane è accusato di «aver commesso il fatto per ragioni di odio razziale contro i cittadini stranieri immigrati presenti a Macerata e contro il fenomeno dell'immigrazione in Italia». Eppure Traini, durante l'interrogatorio di tre mesi fa, lo disse a più riprese: «Il mio non è stato un raid prettamente razziale. Non è che ho attaccato tutti i neri. Sconvolto dalla notizia del massacro di Pamela ho rivolto la mia attenzione agli spacciatori. Se fossi stato spinto dall'odio razziale avrei colpito anche i negozi degli africani. Se poi tutti gli spacciatori sono neri, almeno a Macerata, quella è un'altra questione». Insomma, odio verso chi spaccia, verso chi vende morte, verso chi porta i giovani a una brutta fine, come quella di Pamela.
Parla poi di Jennifer, la ragazza ferita durante la sparatoria. Si è costituita parte civile nel processo, chiedendogli 750mila euro di risarcimento, nonostante le scuse di Luca che dice: «Io volevo colpire solo maschi dell'età dello spacciatore presunto uccisore di Pamela». E poi parla della sua vita difficile, raccontando di come a 14 anni pesasse 116 chili, di come a casa «si mangiasse male, troppo, a volte troppo poco», di quei tagli fatti sulla mano e sulle braccia, segni di un autolesionismo che non erano altro che una richiesta d'aiuto. Luca ne è consapevole e freddamente lucido. Infine, nell'interrogatorio dice di essersi «estremizzato» solo nel 2015, all'epoca dell'avvento del governo Renzi e dell'incremento dei flussi migratori.
«In quel periodo - racconta - forse ce l'avevo più con il governo che contro gli immigrati. Con i dazi messi da Renzi. Gli immigrati li vedevo come un contorno, come qualcosa che il governo provocava».
La strategia difensiva di Traini si basa sulla richiesta del rito abbreviato e su una perizia psichiatrica, tenendo conto delle condizioni psicologiche e di vita del giovane che, a 14 anni, fu anche vittima di bullismo.
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