C'era una barzelletta che circolava negli Stati Uniti in pieno sexgate, e iniziava così: a Clinton piacciono le donne con tendenza alla cellulite. Irriverente di certo l'accostamento tra Hillary, avvocato di prestigio e ispiratrice del progressismo del marito, e Monica Lewinsky la stagista californiana. L'allora first lady si fece scivolare di dosso l'abito del compatimento e colse l'occasione per diventare la paladina del marito e la donna forte, brillando di luce propria nel bel mezzo dello scandalo, raccogliendo un seggio al Senato e ponendo le basi per poter aspirare ad essere la prima donna presidente degli Stati Uniti.
A distanza di vent'anni quella che sembrava l'erede naturale di Barack Obama e dei democratici per il ruolo di candidata alla Casa Bianca è in calo nei sondaggi e in crescente imbarazzo per lo scandalo «Emailgate». L'account di posta elettronica privato utilizzato durante il mandato da segretario di Stato sta mettendo a rischio il suo sogno. Hillary teme che molti democratici possano a questo punto voler cambiare cavallo, da qui l'idea di giocare la carta della famiglia per offrire una nuova immagine di sè.
In un video messaggio elettorale dal titolo «Every Child», si presenta come nonna e menziona la nipote Charlotte, figlia di Chelsea. «Non si deve essere la nipote di un ex presidente per essere consapevoli che ce la si può fare in America. Questa sarà la mia missione da presidente», assicura nelle immagini tratte da un comizio tenuto ad agosto a Las Vegas. Lo spot, costato 2 milioni di dollari, non sembra però aver bucato lo schermo, anzi la strategia di mostrare il lato umano rischia di frantumare l'essenza della Clinton, ovvero della donna forte e distante dai sentimentalismi. Hillary teme Joe Biden, soprattutto da quando Obama ha ribadito di recente che sceglierlo come suo vice «è stata la mia decisione migliore». John Podesta, che presiede la campagna della Clinton e che ha promosso il video di «nonna Hillary», sostiene che non vi siano timori sulla possibile discesa in campo di Biden, ma al quartier generale di Brooklyn sono tutti in apprensione. «Emailgate» è solo uno dei tanti ostacoli nella sua corsa alla Casa Bianca. L'ex first lady è invisa ad esempio al movimento «Black Lives Matter», nato dopo il caso Brown, il giovane afroamericano ucciso da un agente a Ferguson. Gli attivisti la accusano di essere responsabile dei problemi di disparità razziale nel sistema di giustizia penale negli Usa per una vecchia legge appoggiata quando era senatrice. Anche il cambio di rotta su Cuba non le sta giovando: era a favore del blocco e oggi sposa la causa delle normalizzazione delle relazioni. I tentativi di tornare in gioco sono goffi e sembrano produrre l'effetto inverso.
Ha promesso di pagare gli stagisti che entreranno a far parte del suo staff elettorale, dopo aver inizialmente rivelato in un tweet che ha fatto il giro del mondo, che il loro stipendio sarebbe stato «la vista spettacolare dagli uffici di Brooklyn e la possibilità di fare la storia». Proprio nei giorni scorsi è tornata su una vecchia questione legata al suo cachet: la Clinton infatti partecipa a convention o a dibattiti tv solo in cambio di 200mila dollari.
I suoi collaboratori si sono affrettati a spiegare che da oggi ne chiederà 100mila e che metà dei proventi andranno ad associazioni umanitarie segnalate dai suoi stessi elettori. Si presenta allo scontro frontale con i repubblicani dicendo di volersi battere contro «la disuguaglianza economica», ma intanto se ne va due settimane in una zona esclusiva di Long Island e sperpera 100mila dollari.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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