Una maggioranza "anomala" approva il codice antimafia

Ap si sfila, soccorso rosso al Pd. La Camera correggerà il testo. La riforma rischia di finire su un binario morto

Una maggioranza "anomala" approva il codice antimafia

Approvato al Senato, il nuovo codice antimafia torna alla Camera, avviandosi su un binario morto. Questa riforma, ormai, è orfana di padri politici, azzoppata da illustri giuristi come il presidente dell'Anac Raffaele Cantone e criticata anche da chi obtorto collo l'ha votata.

Ha fatto tremare la maggioranza, che si è salvata a Palazzo Madama solo per il soccorso rosso dei bersaniani di Mdp e di Sinistra Italiana, cioè dei grandi avversari del Pd di Matteo Renzi. Mentre Ap di Angelino Alfano la lasciava affondare, con il suo appello alla libertà di voto: solo in 7 l'hanno appoggiata e 16 si sono astenuti, il che equivale ad un No al Senato. Alla fine, sono stati 129 i Sì, con una decina di defezioni tra i dem, 56 i No di Fi, Fdi, Ala, Gal e 30 gli astenuti, soprattutto del M5s. Un venti per cento di assenti in aula ha contribuito ad abbassare il quorum e il rischio per il governo: 12 Pd, 9 Fi, 7 Ala e 11 tra M5s e Misto. Un quadro che l'ex presidente azzurro del Senato Renato Schifani, spiega così al Giornale: «Emerge una maggioranza anomala, con il Pd che si sposta a sinistra, cercando la ciambella di salvataggio di quelli che gli fanno la guerra. Sembra finita la spinta neocentrista di Renzi, perso l'accordo con Ap, che fa una scelta pilatesca perché capisce di non avere più spazio nella coalizione. E si aprono scenari di future alleanze. Mentre è ambigua l'astensione del M5s, che attacca la legge ma non ha il coraggio di affossarla». Per il movimento di Grillo, che si vuole distinguere dal centrodestra, il Pd accetta «l'ennesimo compromesso al ribasso», introducendo l'emendamento suggerito dal procuratore nazionale Antimafia Franco Roberti che limita l'estensione dei sequestri preventivi previsti per i mafiosi non a tutti i corrotti ma solo a quelli che fanno parte di un'associazione per delinquere. Una correzione insufficiente per Cantone, Violante, Cassese, Fiandaca, Flick, Canzio, Boccia di Confindustria e tanti altri, e che espone al rischio di incostituzionalità.

In Parlamento pesa su tutti la consapevolezza che questa versione del codice non andrà da nessuna parte. Il presidente del Pd Matteo Orfini l'ha definita «pericolosa, intrisa di un veterogiustizialismo insopportabile», promettendo che alla Camera sarà corretta. Ma poi dovrà tornare in quarta lettura al Senato e sarà difficile un ok definitivo prima del voto.

Dicono che anche a Renzi, soprattutto dopo l'uscita di Cantone, il codice proprio non piaccia. Ma non vuole mettersi contro il Guardasigilli, suo avversario interno. Il ministro Andrea Orlando esprime «grande soddisfazione» e frena su future correzioni: «Ci sono pareri diversi, vedremo se sono necessarie e, se sì, dove introdurle. Ma ci sono tutte le condizioni per portarlo a compimento».

In Senato, qualche dem insofferente commentava: «Questo Cantone, non poteva parlare prima?». Lui, però, ricorda che le critiche al codice le ha scritte nel suo ultimo libro e in una relazione del Tavolo mafia e corruzione inviata a Orlando il 20 aprile.

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