Il magnate egiziano tuona: «Su Regeni ha ragione l'Italia»

Sawiris (Wind) si schiera con Roma. Il Cairo non collabora: «Non daremo mai i tabulati telefonici». Rogatoria da Roma per averli

Il magnate egiziano tuona: «Su Regeni ha ragione l'Italia»

L'ultima presa in giro, l'ennesima. Dopo la rottura della collaborazione tra Italia ed Egitto sulle indagini per la morte di Giulio Regeni, dal Cairo arrivano nuove fantasiose e imbarazzanti spiegazioni. E in terra egiziana si apre un fronte di opposizione con Naguib Sawirism, uno dei più importanti uomini d'affari e influencer egiziani, che dice apertamente: «Ha ragione l'Italia».

Sabato lo strappo: il team investigativo egiziano non fornisce i tabulati telefonici del giorno in cui Giulio Regeni fu rapito perché «incostituzionale e lesivo della privacy». La classica goccia che fa traboccare il vaso dopo mesi di menzogne, depistaggi e verità parziali che spinge i nostri inquirenti a dire basta. Delegazione rimandata al Cairo con comunicato di fuoco. Eppure ieri, come nulla fosse, il procuratore egiziano Mostafa Soliman indice una conferenza stampa in cui afferma che le indagini congiunte vanno avanti (falso), che il rapporto con gli italiani è ottimo (totalmente falso) e che sono state soddisfatte al 98% le nostre richieste (surreale). «Gli inquirenti egiziani seguiranno tutte le strade che portino alla verità senza titubanze», ha aggiunto con invidiabile noncuranza, specificando che i video delle telecamere di sorveglianza saranno recuperati al 50% e regalando una nuova perla riguardo il vero casus belli con la procura di Roma, l'invio dei tabulati telefonici. «Non li consegneremo mai, ma li controlleremo noi e daremo i risultati», ha detto.

Il tutto in una realtà, quella egiziana, in cui sicurezza e giustizia sembrano essere chimere. Le autorità del Cairo avevano dato la responsabilità della morte di Regeni ad una banda composta da cinque rapinatori nel cui covo erano stati, guarda caso, rinvenuti i documenti personali del ricercatore friulano. Tutti e cinque, altra casualità, sono stati uccisi nel blitz che avrebbe dovuto portare al loro arresto. I familiari di Ibrahim Farouk e Mostafa Bakr, due della «banda», in un'intervista avevano contestato le forze di sicurezza egiziane, accusandole di aver ucciso i loro cari senza nessun motivo. A distanza di sole 24 ore, tre degli stessi familiari sono stati arrestati. Segno tangibile di quanto il caso sia considerato spinoso al Cairo.

Ma la procura di Roma non si arrende e dopo aver sbattuto i pugni sul tavolo inoltrerà una nuova rogatoria internazionale per acquisire i tabulati telefonici e i video di sorveglianza che potrebbero aver ripreso gli ultimi istanti di vita di Regeni. Fonti investigative ribattono che gli inquirenti egiziani, prima al Cairo e poi a Roma, avrebbero consegnato ai magistrati italiani buona parte, ma non certamente il 98% dei documenti richiesti.

Balle e reticenze che stanno causando un caos diplomatico ed anche dal Cairo c'è chi prende posizione contro il governo Al Sisi e le forze di sicurezza ad esso collegate. «Dobbiamo assolutamente arrivare alla verità su quello che è accaduto. E se la verità non è ancora uscita, significa che non abbiamo fatto finora tutto quello che avremmo potuto e dovuto fare. Va fatto tutto il possibile affinché la verità emerga senza se e senza ma», attacca Naguib Sawiris, proprietario e amministratore del gruppo Orascom, il più importante uomo d'affari egiziano. «Non posso dire che sono felice per ciò che è stato fatto finora, le autorità italiane hanno ragione al 100 per cento. Ripeto, al 100 per cento», chiosa Sawiris. «Sono molto vicino alla famiglia, anche il popolo egiziano vuole sapere la verità». Ma il caso Regeni ha aperto anche un profondo strappo istituzionale e diplomatico. L'ambasciatore d'Italia al Cairo Maurizio Massari è stato ufficialmente richiamato a Roma, ma l'atto, non solo simbolico, non dovrebbe rimanere isolato. Il ministro degli Esteri Paolo Gentiloni ha fatto sapere che ci saranno altri passi nei prossimi giorni. «Ricordo sempre gli aggettivi che ho usato e cioè che adotteremo misure immediate e proporzionali», ha detto Gentiloni.

La tensione intanto resta alta. Il ministro degli Esteri egiziano, Sameh Shoukry, durante un colloquio telefonico avuto ieri con Gentiloni, ha espresso «fastidio per l'orientamento politico che l'Italia comincia a prendere» nel trattare la questione.

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