Il conto alla rovescia è ormai partito e la scadenza è sempre più ravvicinata. A inizio 2019 suonerà il gong e ci sarà l'entrata in vigore dell'obbligo di fatturazione elettronica tra privati, provvedimento che stravolgerà la vita degli imprenditori italiani. In sostanza tutte le partite Iva, fatta eccezione per chi opera in regime di vantaggio e chi applica il regime forfettario, dovranno emettere fattura digitale. L'obiettivo è duplice: semplificazione amministrativa e contrasto alle false fatturazioni.
Nella realtà dietro l'angolo c'è un aggravio degli oneri amministrativi, in sostanza più burocrazia, e un aggravio dei costi di gestione dell'attività. Le associazioni di categoria hanno fatto scattare la loro protesta, gli stessi commercialisti hanno fatto notare a gran voce che il sistema non è pronto ad «ammortizzare» una riforma di questo tipo, oltretutto obbligatoria. E ieri Luigi Di Maio, pressato dalle 33 sigle imprenditoriali che si sono presentate al suo ministero ha concesso una piccola apertura: «Stiamo vedendo di attenuarne gli effetti e non ci saranno sanzioni fino a che non sarà chiaro il da farsi».
Forza Italia, di fronte a questo scenario nebuloso, rilancia una battaglia che sta portando avanti da settimane. È Anna Maria Bernini, in mattinata, a lanciare l'affondo contro la linea del «vedremo» fatta propria dall'esecutivo. «Di Maio non perde occasione per buttare la palla in tribuna usando la sua parola più abusata: Vedremo. Lo fa anche oggi sulla fatturazione elettronica» dice la capogruppo dei senatori di Forza Italia. «Affermazioni singolari e gravi per un ministro che ammette di avere poche idee e molto confuse. Sarebbe sufficiente accogliere l'emendamento che Forza Italia presenterà per rinviare al gennaio 2020 l'introduzione della fatturazione elettronica. Ci aspettiamo risposte positive dalla Lega, altrimenti denunceremo ovunque, in Parlamento, nelle piazze la cultura anti-impresa di un governo indifferente al rischio che le aziende siano condannate al fallimento da uno Stato che invece di semplificare la loro vita, la rende un inferno».
Alla Camera è Alessandro Cattaneo a rilanciare la protesta. «Da giorni amici imprenditori mi segnalano le loro preoccupazioni. C'è disagio ed esasperazione per una ulteriore forma di controllo verso chi è già controllato, per i costi, le conseguenze pratiche, ma anche per il pregiudizio che resiste verso partite Iva e piccoli artigiani. L'impressione è che sia non il governo, ma l'Agenzia delle Entrate a dare l'indirizzo, ma al Nord sta montando una protesta sempre più forte». Duro anche Galeazzo Bignami, avvocato e deputato bolognese il cui attacco in Commissione Finanze all'Agenzia delle Entrate scandito dalla domanda «Ma voi avete mai emesso fattura?» è diventato virale. «Il governo aveva l'occasione per aiutare le imprese, ma ha scelto di muoversi in continuità con Renzi e Gentiloni. Una grande occasione perduta. La semplificazione se c'è è per chi controlla, non per chi fa impresa. E le partite Iva ne escono con il consueto ruolo: quello dei somari che vanno gravati di pesi. Qui bisogna capire che se la piattaforma non funziona si blocca tutto.
E chi paga a quel punto? I funzionari dell'Agenzia delle Entrate? E poi la privacy. Regaliamo i dati a una software house che potrà profilare milioni di italiani. In sostanza, così facendo, stiamo nutrendo la Piattaforma Rousseau del futuro».
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