Cinque mesi per raddrizzare la linea politica del M5s. La carta finale è Alessandro Di Battista: l'ex deputato proverà a tamponare l'emorragia di consensi tra i Cinque stelle. Al netto di foto e video di rito, l'abbraccio di Capodanno tra i due gemelli grillini, nelle valli innevate del Trentino, certifica la fine della leadership solitaria di Luigi Di Maio e l'inizio di un commissariamento politico da parte di Di Battista: un commissariamento a tempo. Fino al 26 maggio, data delle elezioni europee: 150 giorni per rimettere in piedi un Movimento sfiancato da guerre interne, fallimenti politici e false promesse. Ufficialmente, sulla carta, il vicepremier resta capo politico del M5s; anche se il Dibba ha tentato, senza successo, il blitz con la proposta di un voto sulla piattaforma Rousseau per sganciare il ruolo di leader da quello di componente del governo. Ma l'operazione è saltata. Di Maio resta capo, ma con un potere quasi azzerato. E soprattutto accerchiato, stretto nella morsa tra Di Battista e Roberto Fico. Da un lato, il Dibba avrà il compito di dettare la linea politica al M5s. Dall'altro c'è il presidente della Camera che si fa largo, aprendo la partita sui tagli delle spese a Montecitorio e sulla riforma dei regolamenti parlamentari. Una mossa che spinge Di Maio allo scontro frontale con l'alleato e vicepremier Matteo Salvini.
«Da ieri - scrive su Facebook Fico - è ufficialmente applicata ai cedolini degli ex parlamentari la delibera che supera i vitalizi! Il provvedimento è entrato in vigore subito dopo la sua approvazione ma diventa efficace proprio dall'inizio dell'anno. Grazie a questo atto la Camera dei deputati risparmierà 44 milioni di euro all'anno. Un risparmio di circa 130 milioni di euro per il prossimo triennio, che comunque non è l'unico».
L'asse Fico-Di Battista ha un primo riscontro nei gruppi parlamentari: i due leader grillini possono contare su una pattuglia di 60 parlamentari tra Camera e Senato. Numeri che ingabbiano Di Maio e danno forza alla guida politica del Dibba, che dovrebbe imporre una virata a 360 gradi su tre temi: ambiente, opere pubbliche e giustizia. Riportando il Movimento alle radici: una strategia dal chiaro sapore elettorale che certamente non rafforza l'esecutivo e il premier Giuseppe Conte. Ma che invece apre scenari di conflitto permanente con la Lega. Il rapporto tra Di Battista, che d'ora in avanti avrà la responsabilità di dettare l'agenda politica della prima forza della maggioranza, e Salvini non è buono: i due si beccano di continuo. E certamente un clima di scontro perenne tra i due azionisti della maggioranza inciderà sulla stabilità dell'esecutivo.
I precedenti non lasciano ipotizzare nulla di positivo: nel 2013 Matteo Renzi, diventato segretario del Pd, mandò all'aria il governo Letta. E lo stesso aveva fatto nel 2008 Walter Veltroni con il governo Prodi. E c'è un'altra condizione, che fa parte della staffetta Di Maio-Di Battista fino alle europee: il ridimensionamento di Davide Casaleggio. Non è un caso che il figlio del fondatore del M5s non sia stato invitato in Trentino: Di Battista vuole mani libere e carta bianca fino al voto. Nessuna intromissione. C'è l'ambizione di fermare la crescita elettorale della Lega e ridare ossigeno ai Cinque stelle. Quanto ossigeno sarà capace di ridare il Dibba? «Sicuramente un valore aggiunto, perché è un leader, ma molto dipenderà da quello che farà il governo. Perché se non facessero il reddito di cittadinanza non basterebbe Di Battista a recuperare i voti che perderebbero» dice all'AdnKronos il sondaggista Renato Mannheimer.
«Molto dipenderà - aggiunge - anche dal contenuto della sua comunicazione, dalle cose che dirà, perché per prendere voti non basterà metterci la faccia». Dunque, anche con il ritorno del Dibba, più che gli slogan pesano i fatti.
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