Di Maio ripesca i "facilitatori" per placare la rivolta

Dodici eletti affiancheranno il capo politico che così spera di fermare la fuga verso altri partiti

Di Maio ripesca  i "facilitatori" per placare la rivolta

Per Luigi Di Maio il punto di caduta sarebbero i «facilitatori». Lo hanno ribadito martedì sera nel chiuso della riunione i senatori vicini al capo politico, lo ripetevano ieri molti parlamentari fedeli al leader. «La nuova organizzazione nazionale del M5s è stata già votata a fine luglio dagli iscritti su Rousseau e prevede già 12 eletti che affiancheranno Luigi», dicono. Una riorganizzazione divisa per tematiche che già assicurerebbe collegialità alle decisioni da prendere, riflette così chi non ha capito lo slancio con cui è stato proposto un nuovo direttorio formato da 10 «portavoce» in sostituzione di un Di Maio che, secondo i nuovi ribelli, è troppo «uomo solo al comando». Quello che invece viene soltanto fatto intendere è che i «facilitatori», comunque da confermare uno per uno su Rousseau, potrebbero rappresentare per il capo politico una efficace carta per tentare di evitare le fughe in avanti minacciate in questi giorni da gruppetti di parlamentari, alla Camera come al Senato. Insomma, dove non si è arrivati con la nomina dei sottosegretari e dove non si arriverà con la scelta dei capigruppo nei due rami nel Parlamento, si potrebbe arrivare con la nuova riorganizzazione, partita a spron battuto all'inizio dell'estate e impantanata ad agosto e settembre a causa della crisi che ha portato alla formazione di un governo tra M5s e Pd. Una distribuzione di cariche interne per ammansire le correnti riottose, con l'ipotesi, che è rispuntata, di retribuire i parlamentari che avranno ruoli dirigenziali all'interno del Movimento.

Questa è l'offerta che Di Maio è pronto a mettere sul piatto per tentare di dare ordine a un caos in cui è sempre più difficile orientarsi. «Sono stato eletto capo politico con l'80 per cento di preferenze, non con il 100 per cento ed è giusto che ci sia chi non è d'accordo ma far passare quelle 70 firme per 70 firme contro di me...», ha detto il capo politico da New York dove si trovava per l'assemblea generale dell'Onu. E ha aggiunto: «Ci sono persone che potrei definire amiche e con cui lavoro ogni giorno che mi hanno chiamato e mi hanno detto che è un grande malinteso: non è contro di te ma per rafforzare il gruppo parlamentare». Il tentativo di minimizzazione della rivolta è andato in scena anche sul Blog delle Stelle, con un post a firma del gruppo parlamentare di Palazzo Madama dal titolo «Il Movimento 5 Stelle è unito e compatto».

A fare da sfondo una foto di gruppo di tutti i senatori grillini, e la smentita di quelle che sono state bollate come «ricostruzioni fantasiose della stampa odierna» in merito al documento firmato da 70 senatori. «Nessun attacco a Luigi Di Maio dunque, anzi la volontà di mettere il Gruppo del MoVimento 5 Stelle al Senato nelle condizioni di produrre proposte a sostegno del lavoro dello stesso Di Maio», hanno scritto i senatori sconfessando le parole di uno storico esponente del gruppo come Mario Giarrusso che martedì aveva chiesto espressamente un passo indietro di Di Maio. Sulla sua stessa posizione ci sarebbero una decina di senatori.

E a perturbare il clima interno ieri ci sono state le indiscrezioni su cinque senatori in contatto con Italia Viva di Renzi e gli annunci del vicesegretario della Lega Andrea Crippa su un gruppo di grillini pronti a transitare nella Lega. Nel mirino, come già avvenuto in passato, ci sono soprattutto gli eletti all'uninominale, meno legati al M5s e provenienti dalla società civile.

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