Di Maio si dichiara colpevole: "Vero, taglieremo le pensioni"

Il vicepremier annuncia la stangata contro i vitalizi da 4.000 euro: colpiremo chi prende più di quanto versato

Di Maio si dichiara colpevole: "Vero, taglieremo le pensioni"

Di tagliare le pensioni il governo inizierà a parlare il mese prossimo. E la sforbiciata non riguarderà solo i trattamenti più corposi non adeguatamente coperti dai contributi versati, ma anche gli assegni futuri, quelli che saranno riservati a coloro che vogliono ritirarsi in anticipo dal lavoro grazie alla fantomatica «quota 100».

Come annunciato ieri dal vicepremier e ministro del Lavoro, Luigi Di Maio, il provvedimento sulle pensioni d'oro «verrà calendarizzato a settembre». Il rinvio è dovuto all'ingorgo «tra decreto Dignità, decreto motovedette, milleproroghe, decreto ministeri». Quella è la giustificazione per il posticipo della questione tagli troppo importante per trovare spazio «nel dibattito parlamentare di questi primi due mesi». La promessa, tuttavia, ha un suono minaccioso. «Ma lo faremo da settembre, non solo per i pensionati d'oro ex manager di Stato, i grandi pensionati che da 4mila euro in su non hanno versato i contributi e prendono pensioni anche da 20mila euro al mese, ma anche per i sindacalisti», ha aggiunto scagliandosi contro i rappresentanti dei lavoratori «perché ci sono non pochi privilegi anche per i sindacalisti sulle pensioni». Quindi, il super-taglio «sarà un provvedimento a 360 gradi che ridarà alle pensioni minime e toglierà alle pensioni d'oro».

Una sottolineatura opportuna giacché le sentenze della Consulta hanno stabilito che gli eventuali risparmi sulla spesa pensionistica devono essere impiegati nel medesimo capitolo. Un taglio alle pensioni, propagandato come simbolo della «lotta alla casta dei privilegiati» come accaduto per i vitalizi dei parlamentari, ma che avrà effetti modesti dal punto di vista finanziario. Le risorse recuperate dovrebbero aggirarsi tra i 5 e i 600 milioni e, dunque, di per sé insufficienti al finanziamento di una politica redistributiva nei confronti degli assegni più bassi.

L'alternativa, tuttavia, non è meno dolorosa per i pensionati, ma avrebbe una caratteristica di maggiore equità. Il ricalcolo con il sistema contributivo colpisce in maniera punitiva e casuale. Alla Camera, infatti, oltre a una quota di ex parlamentari particolarmente penalizzati, ci saranno anche casi di onorevoli con gli assegni maggiorati, a fronte di una maggioranza che subirà tagli tra il 20 e il 30% del vitalizio. Lo schema, ripetuto nel mondo reale, è sicuramente in grado di creare ulteriore malcontento colpendo nella carne viva anche la base elettorale della Lega (i M5s hanno in prevalenza un elettorato giovane e spesso a basso reddito). Ecco perché l'esperto di previdenza del Carroccio, Alberto Brambilla (in pole position da tempo per la presidenza dell'Inps) starebbe pensando a una misura più equa: un contributo di solidarietà in funzione dell'assegno che, in teoria, dovrebbe creare meno esasperazione. Occorrerà vedere se la base di partenza di tale contributo sarà la medesima per il taglio delle «pensioni d'oro» o se, oppure, si opterà per una soglia più bassa (3mila euro lordi).

Analogamente, sono destinate a essere parzialmente deluse le speranze di coloro che vorrebbero pensionarsi in anticipo rispetto ai 67 anni fissati per l'anno prossimo dalla legge Fornero. Il tema, hanno segnalato ambienti di maggioranza, sarà al centro della prossima legge di Bilancio. E questo con sommo dispiacere del ministro dell'Economia, Giovanni Tria, che avrebbe voluto attenuare sensibilmente l'impatto di queste misure nella prossima manovra. L'introduzione di «quota 100» (somma tra età anagrafica con un minimo di 64 anni ed età contributiva) dovrebbe costare circa 4 miliardi. L'importo della prossima manovra si appresterebbe a sfiorare i 30 miliardi di euro. Il costo ridotto rispetto alla simulazione effettuata recentemente dall'Inps (8 miliardi) si spiega solamente in un modo: minore sarà l'età di pensionamento maggiore sarà la penalizzazione.

Inoltre, visto che si è ormai inaugurata l'epoca dell'«attacco al retributivo», una simile previsione di spesa si può giustificare solo con un ricalcolo contributivo dell'assegno per il periodo 1996-2011 di coloro che erano scampati alla scure della riforma Dini, avendo 18 anni di contribuzione nel 1995 (ipotesi possibile visto che si tratta di nati tra il 1952 e il 1955).

Il bancomat delle pensioni non finisce mai le banconote. I nuovi governanti l'hanno capito in fretta.

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