Di Maio: Siri via subito Ma la Lega lo difende. E Dibba torna in campo

Lite continua. Salvini ai suoi: ormai è finita E pure Fico lo attacca sulla violenza a Napoli

Di Maio: Siri via subito Ma la Lega lo difende. E Dibba torna in campo

La Lega va alla prova di forza sul caso Siri. Fonti del Carroccio ieri sera hanno fatto sapere che il sottosegretario non farà nessun passo indietro prima della proposta di revoca del premier Conte e che nel partito di Salvini «nessuno lo molla». Considerato che il pre-Consiglio è in agenda per martedì prossimo, lo showdown dovrebbe aver luogo il giorno successivo, cioè l'8 maggio. Si tratta di una mossa forte che adombra anche la possibilità di una crisi di governo visto che i Cinque stelle sono maggioranza nel gabinetto Conte e, dunque, la votazione avrebbe esito scontato spaccando, però, l'esecutivo. «I numeri sono dalla nostra parte, spero non si arrivi a un voto», ha minacciato Luigi Di Maio. Il presidente della Camera, Roberto Fico, invece ha incalzato il Capitano sulla questione ordine pubblico dopo la sparatoria in pieno centro ieri a Napoli. «Ora il governo e il Parlamento devono avere la massima attenzione e agire subito con un cambio di passo effettivo, a partire dal ministero dell'Interno», ha dichiarato.

«Dal 30 giugno a bocce ferme tutto è possibile», hanno replicato dalla Lega alludendo a un regolamento di conti post-Europee. E anche Matteo Salvini avrebbe rivelato ai suoi fedelissimi martedì scorso prima del Consiglio dei ministri che con i Cinque stelle ormai «è finita». Pubblicamente, però, la musica è sempre la stessa. «Il governo dura ancora quattro anni - ha detto ieri a Ferrara - non c'è tempo da perdere in litigi, beghe, dimissioni, ci sono le tasse da abbassare, la giustizia da riformare coi processi che devono durare la metà del tempo, c'è la legge Fornero da azzerare completamente, quindi non ho tempo da perdere in polemiche, impiego il mio tempo lavorando». Il pedissequo elenco delle priorità da affrontare, tuttavia, mette in evidenza come sia M5s a fare da tappo all'azione dell'esecutivo. Il sottosegretario Siri, invece, ha smentito presunte polemiche con la Lega ringraziando il partito «per tutte le manifestazioni di affetto e solidarietà dimostrate».

E che sia iniziato a soffiare il vento elettorale lo si capisce dall'uscita dal letargo di Alessandro Di Battista. Il «Che Guevara del Viterbese», infatti, ha affermato che «se dopo le elezioni europee, dovesse saltare questo governo, mi ricandiderei». Ovviamente, la condanna politica nei confronti di Siri era già stata pronunciata. «Ha utilizzato il proprio incarico pubblico per un interesse personale», ha tagliato corto Dibba senza nemmeno attendere le risultanze processuali. D'altronde, pure Di Maio ieri ha ribadito che «la famosa questione morale di cui tanto abbiamo sentito parlare è diventata una scelta precisa», rivendicando ancora una volta l'eredità berlingueriana. Anche l'aver escluso un rimpasto affermando che «non passeremo neanche un minuto a parlare di poltrone» conferma l'impressione che i titoli di coda stiano già scorrendo

Le opposizioni, così, raddoppiano lo sforzo.

«È un governo che deve andare a casa - ha dichiarato il vicepresidente di Fi, Antonio Tajani - perché non si può vivere in un Paese che è la seconda economia industriale d'Europa, la settima potenza economica del mondo, con una maggioranza che passa il tempo a litigare». Giorgia Meloni, leader di Fratelli d'Italia, ha precisato che «il problema non sono le dimissioni di Siri, ma la manovra».

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