Roma - «I sistemi di calcolo del debito fanno riferimento a parametri superati». Il ministro delle Infrastrutture, Graziano Delrio, ha ribadito a L'intervista su Sky Tg24 che l'Italia non intende piegarsi troppo alle richieste di manovra correttiva avanzate dalla Commissione Ue per mano dei commissari Moscovici e Dombrovskis. In ogni caso, entro domani bisognerà inviare una risposta dettagliata su come si intende recuperare lo 0,2% (3,4 mliardi) di pil che l'Ue giudica come extradeficit, pena l'apertura di una procedura di infrazione.
«Bisogna decidere se ha ragione l'Fmi che chiede investimenti o se la medicina per un 'Europa che ha 25 milioni di disoccupati sia quella di tagliarli; in questo caso sono d'accordo con il Fondo Monetario», ha aggiunto il titolare del dicastero di Via Nomentana nonché testa di ponte del renzismo nel governo Gentiloni. «L'Italia ha bisogno di investimenti», ha sottolineato rimarcando che «non toglieremo un euro alle esigenze delle zone terremotate, non toglieremo un euro ai sistemi di protezione sociale, non toglieremo un euro alla crescita e agli investimenti».
La presa di posizione di Delrio («Questi sono i paletti molto forti posti dal governo») pare confliggere con l'attitudine del ministro dell'Economia, Pier Carlo Padoan, ad assecondare i desiderata di Bruxelles a suon di ritocchi sull'Iva, sulle accise e sull'Imu prima casa. L'alternativa è rappresentata dalla soppressione di alcune agevolazioni fiscale (pensioni, imprese, famiglie) che si configurerebbero comunque come un aumento della pressione fiscale. Anche se questa è solo un'altra puntata dello scontro Renzi-Padoan che si ripropone ormai da tre anni, va anche detto che le parole di Delrio non sono inequivoche poiché non sottrarre risorse agli investimenti non esclude la possibilità che essi possano essere confermati attraverso maggiori entrate fiscali. Certo, il ministro ha tenuto a specificare che «le spese e i tagli ai ministeri sono stati già fatti e possono continuare a essere fatti». Ma da quei tagli lineari si recupererebbe molto meno di quanto richiesto dalla Commissione. Ecco perché serve o un surplus di entrate o una vera trattativa politica con Bruxelles per evitare l'apertura immediata della procedura e rimandare tutto alla prossima legge di Bilancio.
«Comunità vuol dire destini comuni e bene comune: questo è quello che dobbiamo far capire a un'Europa sorda e fragile», ha chiosato ieri il sottosegretario
all'Economia, Pier Paolo Baretta, rimarcando l'importanza delle deroghe al patto di stabilità interno (che impediva ai sindaci di spendere gli avanzi di bilancio) come motore dello sviluppo. La partita è ancora apertissima.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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