Roma - Un uomo solo al comando. Tenacemente aggrappato allo scranno di sindaco, Ignazio Marino a caccia di unità per candidare Roma alle Olimpiadi 2024 tende una mano all'opposizione. Sarà anche perché l'equilibrio tra il primo cittadino e il suo partito, il Pd, rimane sempre estremamente precario nonostante ieri Marino abbia incassato attestati di solidarietà in seguito alla lettera con proiettili e minacce a lui indirizzata trovata dal centro smistamento postale di Fiumicino. Ma certo alla fine ieri il sindaco ha deciso di pentirsi pubblicamente di quella sfortunata frase pronunciata alla festa dell'Unità. L'invito alla «destra» a «tornare nelle fogne» aveva sollevato non poche polemiche. E così, di fronte alla richiesta di scuse esplicitamente avanzata dalle opposizioni, con Fratelli d'Italia che ha parlato di «frase oscena», Marino ha ceduto. «Voglio dire con chiarezza agli esponenti di centrodestra - ha spiegato - che quella mia espressione che invitava la destra “a tornare nelle fogne” non la udiranno più dalla mia voce e che so che, se esiste del male in questa città, c'è un tale quantitativo di bene nei partiti di centrosinistra e centrodestra che può guarire il male, insieme». Il dietrofront non è bastato a strappare l'unanimità: la mozione olimpica è stata approvata con 6 voti contrari.
Ma tornando ai quantitativi di «bene» sparsi trasversalmente tra i partiti, questi non sempre sono risultati graditi a Marino. È il caso di Riccardo Magi, consigliere comunale radicale, eletto nella civica Marino ma entrato spesso in rotta di collisione con maggioranza e sindaco. Un anno prima di Mafia Capitale Magi, per esempio, svelò una «manovrina d'aula» con cui veniva offerta ai consiglieri una somma (circa 50mila euro), che per lui altro non era che uno stratagemma «inaccettabile» per consentire ai consiglieri di «distribuire denari ai propri collegi elettorali». Incassando zero solidarietà dal sindaco e l'accusa di aver fatto una «ricostruzione fantasiosa» dai rappresentanti della maggioranza, in una nota congiunta firmata da 5 consiglieri, uno dei quali arrestato per Mafia Capitale e gli altri due autosospesi dopo essere finiti - pur non indagati - nelle intercettazioni. Lui, Magi, nell'inchiesta viene citato, ma come «rompiscatole», tanto che lo stesso Buzzi, parlando della commissione Bilancio del Campidoglio nell'autunno 2013, a proposito di un emendamento «per 100mila euro su Ozzimo», spiega che «il marchettificio sul bilancio gli era stato fatto saltare da Magi». Una mosca bianca, con i tempi che corrono. Eppure, a febbraio scorso, quando Magi nonostante le raccomandazioni di Marino vota contro la delibera per l'alienazione del patrimonio immobiliare del Campidoglio, il sindaco s'infuria. In riunione con la maggioranza, Marino avrebbe anche chiesto le dimissioni di Magi da consigliere al capogruppo della sua civica, Luca Giansanti (tra i due autosospesi di cui prima). Eppure Magi, nonostante tutto, è rimasto critico ma fedele al sindaco, e più che le dimissioni di Marino, anche oggi invoca «riforme».
Uno dei pochi a pensarla così.Anche Matteo Renzi, ormai, avrebbe deciso di mollare Marino. Aspetterà comunque il verdetto del prefetto di Roma Gabrielli. Per poi trovare una soluzione che faccia sloggiare il sindaco dal Campidoglio.
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