Non lo nomina mai, neanche una volta. «Il pubblico ufficiale», «l'ex presidente della Regione». Non ce n'è bisogno, d'altronde: perché tutto questo processo, la grande inchiesta sulla sanità lombarda, ruota intorno a lui: Roberto Formigoni, per diciott'anni presidente della Regione più ricca d'Italia. Ed è a Formigoni che ieri, con una durezza inattesa, presenta un conto salato l'avvocato di Roberto Maroni, il leghista che ha preso il suo posto al Pirellone. E che ora, con una mossa politico-giudiziaria tutta da interpretare, chiede che il «Celeste» venga condannato a risarcire sull'unghia cinque milioni e seicentomila euro alla Regione di cui fu il signore incontrastato.
Non è solo una questione di soldi. Il problema è che con la sua richiesta il nuovo governatore punta il dito contro quello vecchio, e sposa in pieno la tesi della Procura della Repubblica, che per l'ex governatore ha chiesto nove anni di carcere. Anche per l'avvocato della Regione, il sistema sanitario lombardo divenne una macchina da tangenti: «Una associazione a delinquere finalizzata alla corruzione», la definisce.
L'avvocato di parte civile che su incarico della Regione segue il processo si chiama Domenico Aiello, ed è il legale di fiducia di Maroni: tanto che ieri, finita la sua arringa, da accusatore si trasforma in difensore, sale tre piani più sopra e va a difendere il nuovo governatore nel processo che lo vede imputato per i favori fatti a un paio di amiche. Questo per dire che si può serenamente escludere che Aiello abbia fatto di testa sua, senza ricevere da Maroni un via libera per sparare ad alzo zero su Formigoni. «Io i contatti li tengo con l'ufficio legale della Regione», spiega Aiello a bordo aula, ma è chiaro chi è il mandante. Tant'è vero che Formigoni, nel tardo pomeriggio, reagisce seccamente: «Regione Lombardia fa proprie acriticamente alcune delle accuse dei pm, dando per certo quello che è ancora oggetto di dibattimento e che non è stato né dimostrato né giudicato». «La ragionevolezza non abita più a Palazzo Lombardia», è l'amara conclusione del comunicato dell'ex.
Del folto gruppo di imputati, l'avvocato Aiello ne mette nel mirino solo due: Formigoni e l'uomo a lui più vicino, Alberto Perego. Contro gli alti funzionari della Regione finiti anch'essi sotto accusa, neanche una parola: «sono i dirigenti che hanno reso possibile negli anni creare questa eccellenza, e io non butto il bambino con tutta la acqua». «Hanno eseguito gli ordini», spiega poi. A decidere tutto era Formigoni, all'insegna di un «mercimonio corruttivo» per favorire il San Raffaele e la Fondazione Maugeri, attraverso il sistema delle «prestazioni non prestazioni non preventivabili».
«Il dibattimento ha dimostrato tre diverse utilità che pervengono al pubblico ufficiale (Formigoni, ndr) attraverso il coimputato Perego», dice Aiello, ed elenca: «La messa a disposizione di benefici di diversa natura stimata in 3,7 milioni, tra cui l'80 per cento di tre imbarcazioni dal 2007 al 2011; il beneficio di 1,3 milioni relativi all'acquisto di una abitazione in Arzachena; la dazione di denaro in contanti suffragata da due
contributi perla campagna elettorale del 2010 per seicentomila euro». Questo, dice l'avvocato di Maroni, «era il prezzo del reato» commesso da Formigoni: e Formigoni deve restituire tutto. Sempre ammesso che venga condannato.
- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
- sabato, domenica e festivi dalle ore 10:00 alle ore 18:00.