Roma - Due mesi scarsi di governo e al Quirinale già c'è qualche allarme che suona. «Abbiamo una reputazione nel mondo, da Paese coeso e ben amministrato, - dice Sergio Mattarella - cerchiamo di non intaccarla». Questa storia delle armi facili, ad esempio, una battaglia della Lega. «L'Italia non può assomigliare al Far West, dove un tale compra un fucile e spara dal balcone colpendo una bambina di un anno, rovinandone la salute e il futuro. È barbarie e deve suscitare indignazione», e mentre parla lo sgombero del capo nomadi di Roma nord procede. Oppure, sempre per restare su Salvini, l'immigrazione. «Tante volte abbiamo chiesto all'Ue responsabilità e leggiamo finalmente segnali positivi da parte di diversi Paesi dell'Unione». Ma l'Italia, insiste il capo dello Stato, «non può diventare preda di quel che Manzoni descrive a proposito degli untori e della peste: il buon senso c'era ma se ne stava nascosto per paura del senso comune». O ancora, in tempo di nomine, lo spoil-system estremo giallo-verde. «Rappresento l'unità nazionale e a me compete ricordare, a ciascuno, il rispetto del principio di concorrere all'ordinato funzionamento degli organi istituzionali. Le pubbliche amministrazioni devono essere imparziali nella loro funzione e al servizio di tutti i cittadini». E «il limite dell'intervento dello Stato» sta dove parte il diritto «della società civile di esprimersi in tutte le forme senza interferenze da parte delle autorità pubbliche».
Cerimonia del Ventaglio, una bicchierata con la stampa, tempo di saluti estivi. Mattarella invita a «contrastare tendenze alla regressione della storia» perché, dai dazi ai confini, i pericoli sono molti. «Si avvertono incrinature internazionali e si preannunciano guerre commerciali. La scomparsa delle frontiere è stata una conquista della civiltà che ora improvvide iniziative rischiano di contraddire». E altri passi indietro li stiamo facendo nella comunicazione. «Siamo tutti consapevoli che vi sono usi distorti e talvolta allarmanti del web. Appaiono segni astiosi, toni da rissa che rischiano di seminare nella società i bacilli della divisione, del pregiudizio, della preconcetta ostilità che puntano a sottoporre i cittadini a tensione continua. Sta a chi opera nelle istituzioni politiche ma anche nel giornalismo a non farsi contagiare da questo virus». Basta con le fake news e con gli insulti per guadagnare consensi. «C'è il dovere - spiega - di governare il linguaggio. Con il coraggio, se necessario, di contraddire opinioni diffuse».
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