Politica internazionale

Meloni-Erdogan: intesa sui migranti e timori sul grano. Favorire i rapporti tra Ankara e l'Ue

Due ore di faccia a faccia con vista sul Bosforo per quello che è il primo bilaterale tra Giorgia Meloni e Recep Tayyip Erdogan, presidente e "Sultano" della Turchia

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Due ore di faccia a faccia con vista sul Bosforo per quello che è il primo bilaterale tra Giorgia Meloni e Recep Tayyip Erdogan, presidente e «Sultano» della Turchia. I due si erano già incrociati in diverse occasioni a margine di alcuni summit internazionali, l'ultima volta a Dubai a dicembre. Ma non avevano mai avuto un incontro a due secondo il rigido protocollo della diplomazia che, in occasioni come queste, prevede un'agenda fitta di argomenti, tutti preventivamente discussi dai rispettivi sherpa diplomatici. Un vertice, riportano i siti dei principali giornali turchi (da Hürriyet a Sabah), che «è stato chiuso alla stampa».

Il bilaterale - come pure la successiva cena con le rispettive delegazioni e l'ambasciatore italiano ad Ankara, Giorgio Marrapodi - si tiene a Palazzo Vahdettin, la residenza presidenziale nella zona asiatica di Istanbul che tra il 1853 e il 1856 era adibita a ospedale dei feriti italiani della guerra di Crimea. Sul tavolo ci sono ovviamente i dossier internazionali, anche perché Meloni - che ieri mattina ha fatto una lunga passeggiata al Grand Bazaar di Sultanahmet, tra negozi di ceramiche e tappeti - è a Istanbul anche in qualità di presidente di turno del G7. Inevitabile, quindi, affrontare i nodi della crisi in Medio Oriente e dal conflitto tra Russia e Ucraina. D'altra parte, come è noto, la Turchia ha un ruolo centrale in questi complessi equilibri. È occidentale ma musulmana, fa parte della Nato (secondo contributore di truppe dopo gli Stati Uniti) ma parla e fornisce materiale bellico a Vladimir Putin. E si fa forte di queste contraddizioni per trattare e mediare, dagli ostaggi israeliani prigionieri di Hamas ai corridoi sul grano di Kiev, una delle armi di ricatto di Mosca nei confronti dell'Occidente. Ed è questa una delle preoccupazioni di Meloni, che - pur convinta sostenitrice della causa dell'Ucraina - ieri ha comunque ringraziato Erdogan per «i costanti sforzi di mediazione diplomatica di Ankara» per la «riattivazione della Black sea grain initiative» per «sbloccare l'invio di grano dai porti ucraini dopo che nel luglio scorso la Russia non ha rinnovato l'accordo».

Una partita, questa, che incrocia il delicatissimo dossier immigrazione, visto che uno dei timori è che - dalla rotta della Libia - arrivino masse di migranti affamati. Inevitabile, dunque, che si affrontasse anche il tema dei flussi. Tanto che, riferiscono fonti diplomatiche italiane, Meloni ed Erdogan hanno discusso del rafforzamento della cooperazione migratoria, un fronte su cui la collaborazione dello scorso anno ha portato ad una riduzione del 56% dei flussi irregolari lungo il corridoio Italia-Turchia, su cui ha lavorato anche il ministro dell'Interno, Matteo Piantedosi. E su questo fronte, spiegano da Palazzo Chigi, la cooperazione sarà sempre più stretta. Proprio sulla Libia, infatti, i rispettivi ministeri degli Esteri intendono concludere presto un'intesa. Il confronto era stato avviato a settembre scorso, quando - a margine dell'Assemblea generale delle Nazioni Unite a New York - Antonio Tajani, vicepremier e titolare della Farnesina, aveva avuto un lungo confronto con il suo omologo turco. Ora i due dovrebbero a breve sottoscrivere un memorandum d'intesa tra Italia e Turchia.

Meloni - ed Erdogan hanno discusso anche di Difesa e delle commesse che coinvolgono Leonardo. Dall'acquisto degli Eurofighter prodotti in collaborazione tra Italia, Germania, Spagna e Regno Unito alla partnership sui droni Astore con missili turchi a guida laser Cirit. Sullo sfondo, l'auspicio di rinsaldare le relazioni tra Turchia e Ue «in ambito politico, economico e commerciale», anche «alla luce della recente Comunicazione congiunta della Commissione e dell'Alto Rappresentante Ue».

Non è una spinta a riaprire il dossier dell'ingresso di Ankara nell'Unione (che ha lo status di Paese candidato dal 1999), ma fa comunque parte di un accelerazione su cui Bruxelles sta spingendo ormai da diversi mesi.

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