Meloni, tour nell'Italia che produce

Meloni, tour nell'Italia che produce

Roma Giorgia Meloni torna all'attacco sul dl Dignità voluto dal vicepremier Luigi Di Maio. Quei paletti alle assunzioni non vanno giù alla leader di Fratelli d'Italia, che da Verona, dove all'Auditorium Cad It ha incontrato le categorie produttive, lancia il suo grido di rabbia. Un'alzata di toni che fa capire che lo scontro con i pentastellati si sta facendo sempre più serio. D'altronde, non ha mai negato di non essersi unita alle proposte di governo di Matteo Salvini e della Lega proprio a causa dell'accordo del segretario del partito del Carroccio con gli esponenti del Movimento 5 Stelle. «Oggi - ha detto la Meloni nel corso dell'incontro, - siamo a Verona, nel Nord produttivo, per ascoltare le richieste degli imprenditori e il loro grido di rabbia contro il decreto Dignità di Di Maio, che restringe ancora i vincoli per poter assumere. Non è quello di cui c'è bisogno. Fratelli d'Italia ha presentato molti emendamenti: se non passeranno voteremo contro questo provvedimento. Annunciamo da ora, nei mesi di settembre e ottobre, un tour nei distretti industriali del Nord e una conferenza programmatica sulla produzione tradita in Italia». E poi prosegue dando una stoccata al governo: «Le nazioni normali scelgono se una infrastruttura è strategica o no chiedendosi se serve o no, non chiedendosi se ci sono delle penali da pagare all'Unione Europea. Secondo me serve, e pure moltissimo. Purtroppo - continua -, essendo romana, della mentalità tipica del M5s del non facciamo niente e stiamo immobili ne so qualcosa e spero che il governo cambi idea. Intanto chiediamo ai cittadini piemontesi cosa ne pensano con il referendum».

La Meloni ci va giù pesante, insistendo, in modo particolare, sugli ultimi provvedimenti varati dal governo gialloverde: «Io preferisco definirlo decreto Visibilità. Di Maio aveva fretta di dare un segnale di visibilità, di far sapere che al governo c'era anche lui. Ha partorito questa legge. Principi di base condivisibili da chiunque, modello vogliamo la pace nel mondo, ma codificati in modo ridicolo o addirittura dannoso.

È un decreto pieno di divieti, l'Italia non ne ha bisogno. Serve invece - conclude quindi la leader di Fdi - libertà di crescere e produrre. Oggi nessuno pensa più di mettere il lavoratore contro il datore di lavoro. Entrambi sono esposti ai rischi della crisi economica».

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