Il membro renziano del Csm cerca di arrestare i giudici

Il piddino Fanfani a gamba tesa sui pm che indagano il sindaco di Lodi: «Chiederò l'apertura di una pratica». Insorgono le toghe, poi la retromarcia

Anna Maria Greco

Roma Potenza, Napoli, ora Lodi. La Via Crucis tra le inchieste pericolose di Matteo Renzi si fa sempre più sofferta. E lo scontro del governo e del Pd con la magistratura, riacutizzatosi dopo l'arresto del sindaco dem Simone Uggetti, fa scoprire al premier che per le toghe la militanza corporativa viene prima anche di quella politica orientata a sinistra.

«I magistrati - dice il presidente del Consiglio - vadano avanti con le indagini, mi auguro arrivino presto alle sentenze, l'importante è che non si facciano i processi sui giornali. Chi ha sbagliato paghi ma niente strumentalizzazioni». Renzi non vuol parlare di «complotto» e cerca di mantenersi fuori dalle polemiche, ma il suo partito protesta contro «l'assedio giudiziario», difende l'onestà di Uggetti che è il braccio destro del vicesegretario Lorenzo Guerini e, con il soccorso dei verdiniani di Ala, ne denuncia l'arresto «sproporzionato». Tesi che al Csm sostiene il laico del Pd Giuseppe Fanfani, pronto a presentare la richiesta di aprire una pratica sui magistrati di Lodi per la gestione dell'indagine e dei provvedimenti adottati . «Non ho mai visto - dice il consigliere - in 40 e più anni di attività di penalista, incarcerare alcuno per un reato come la turbativa d'asta, soprattutto quando l'interesse dedotto è quello di una migliore gestione di una piscina comunale». L'esponente renziano al Csm, insiste che non era necessario rinchiudere in cella il sindaco, bastavano «provvedimenti interdittivi e non certo coercitivi». Insomma, il pm che ha chiesto il carcere e il gip che l'ha autorizzato sono responsabili di una «non equilibrata valutazione del caso».

Un intervento a gamba tesa nell'indagine in corso, che suscita reazioni sdegnate da parte delle opposizioni, della giunta dell'Anm e degli stessi colleghi di Fanfani, poi costretto in plenum a fare marcia indietro.

Frena subito Renato Balduzzi, presidente di quella Prima Commissione che eventualmente dovrebbe trattare la pratica. «Non è compito del Csm - dice l'ex ministro, indicato da Sc - e in particolare della sua Prima Commissione, prendere posizione su singoli provvedimenti giurisdizionali e tantomeno interferire con vicende giudiziarie in corso». Nessun intervento, dunque, visto che contro l'arresto si può ricorrere al Tribunale del riesame e alla Cassazione. Condivide «totalmente» il laico del M5S Alessio Zaccaria. Tutti i togati di Area, cartello delle correnti di sinistra, definiscono «incomprensibili e istituzionalmente inaccettabili» le parole di Fanfani. Scende in campo l'Anm, per denunciare l'«indebita interferenza» del laico Pd, mentre il presidente Piercamillo Davigo torna a tuonare contro i corrotti.

Naturalmente, Fanfani assicura di non aver concordato con il premier l'iniziativa, ma il dubbio resta. Lo stesso Renzi deve prendere le distanze: «Il governo non commenta il Csm, ci sono regole del gioco da rispettare. La mia posizione non è mai cambiata».

In plenum Fanfani, isolato, viene costretto a rimangiarsi la richiesta della pratica, «a meno che non emergano altri fatti». Lo attacca anche l'ex presidente dell'Anm Luca Palamara, di Unicost, e il laico Fi Pierantonio Zanettin critica il clima creato dall'uscita di Davigo. Intanto, l'Anm di Milano manifesta «stupore e disagio» per i «pesanti giudizi» di Fanfani, che vuole «interventi censori del Csm» ed esprime solidarietà ai colleghi di Lodi.

Il Pd si dibatte tra mille imbarazzi e lascia Ala ad alzare i toni, accusando «certa magistratura» di aver scatenato l'«offensiva contro Renzi e il governo». Per Grillo il Pd «affonda in piscina» e i 5 Stelle di Lodi dicono che Guerini non poteva non sapere che faceva il suo «delfino». «Sono barbari», replica su Twitter il dem Franco Mirabelli.

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