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Merkel-Schulz, c'è l'accordo. Alla sinistra Esteri e Finanze

La Cancelliera accetta «dolorose concessioni»: finisce l'era di Schäuble. Ora il referendum tra gli iscritti Spd

Merkel-Schulz, c'è l'accordo. Alla sinistra Esteri e Finanze

Berlino - «Credo che questo accordo fornisca la base per dare un governo stabile alla Germania». È una Merkel soddisfatta ma non entusiasta quella che ha presentato al Paese il nuovo patto di coalizione a tre fra la sua Cdu, i cristiano-sociali bavaresi della Csu e, una volta ancora, i socialdemocratici. I partiti sono gli stessi del governo uscente, in uno scenario politico tuttavia molto diverso da quello di fine 2013. Prima di tutto c'è la questione del peso politico del Merkel-IV: lo scorso settembre moderati e progressisti hanno perso complessivamente oltre il 14% di voti (largamente intercettati dagli xenofobi di Afd), il che significa che i tedeschi non hanno certo votato per questo tipo di governo. Esiste poi un evidente elemento di stanchezza: il nuovo esecutivo nasce quattro mesi e mezzo dopo elezioni deludenti, con l'aggravante di sondaggi che danno sia la Cdu sia la Spd in ulteriore calo di consensi. Una stanchezza politica alla quale si aggiunge quella seguita a un calendario politico estenuante: a settembre la cancelliera si era illusa di poter girare pagina varando una coalizione «Giamaica» con Verdi e Liberali. Dopo due mesi di negoziati andati a vuoto, Merkel e Schulz sono stati praticamente obbligati dal presidente federale Frank-Walter Steinmeier a tentare la via della grande coalizione, costata altri due mesi di congressi, discussioni e nottate negoziali.

E non è ancora finita: la leader tedesca potrà cantare vittoria solo fra un mese. A inizio marzo saranno i 460 mila iscritti alla Spd a decidere se la nuova grosse Koalition potrà finalmente vedere la luce. La procedura inusuale rappresenta il prezzo pagato da Schulz per il suo repentino cambio di rotta due mesi fa. All'indomani del voto di settembre, l'ex presidente dell'Europarlamento aveva promesso di portare la Spd sui banchi dell'opposizione, oggi invece la porta al governo. Saranno dunque i compagni socialdemocratici a valutare se il programma li soddisfa. Il che spiega perché da una parte Schulz li abbia invitati a leggerlo con attenzione prima di votare e perché, dall'altra, questo si prospetta come il governo più a sinistra guidato dalla cancelliera, che pure ha già governato altre due volte assieme alla Spd.

L'unica eccezione è il freno alla politica dell'accoglienza, simbolizzato dalla concessione del ministero degli Interni ai fratelli superconservatori della Csu. Per il resto il programma di governo prevede investimenti infrastrutturali per ben 45 miliardi fra autostrade di asfalto e digitali, edilizia scolastica e civile; il sostegno a un'idea di Europa più solidale e meno austera, la cancellazione dei contratti atipici e una riforma del sistema sanitario voluta dalla Spd e invisa dagli imprenditori.

A conferma del «cappotto» fatto da Schulz, c'è poi l'attribuzione al suo partito di tre dicasteri di peso: Esteri, Lavoro e soprattutto le Finanze, gelosamente custodite fino a ieri dal falco dell'austerità, Wolfgang Schäuble, ormai uno sbiadito ricordo.

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