Dio acceca chi vuol perdere.
Per cui ecco affievolirsi di colpo la vista di David Borrelli, eurodeputato cinquestelle, terzo socio della piattaforma Rousseau, dunque nel cerchio strategico della Casaleggio Associati. «Non fa più parte del M5s», comunica la capodelegazione grillina, Laura Agea, anch'essa colta da subitaneo calo di visus nello spiegare che «Borrelli ha ufficializzato il suo ingresso nel gruppo dei non iscritti, la sua è stata una scelta sofferta ma obbligata da motivi di salute». «Perché, ci sono più dottori nel gruppo misto?», la fulminante battuta che arriva da un Nazareno che non crede ai propri occhi. Tutto sembra così umano, troppo umano. E vero, purtroppo. La carne è debole, il Movimento a uno dei passaggi cruciali della propria storia, magari «non ai titoli di coda» come auspicano dalle parti del Pd, ma solo desolatamente nel guano della politica politicante che s'è scelto. Renzi ci sguazza: «Di Maio dica quanti sono realmente i coinvolti, stanno dando l'idea di considerare gli italiani un popolo di coglioni, proprio come ha detto Di Battista...». Ha voglia Beppe Grillo di urlarlo in piazza, a squarciagola: «Non siamo tutti uguali!». L'uguaglianza è una brutta bestia e agguanta preferibilmente chi si «sente diverso». La tensione è fuori controllo, come i conteggi che ciascun deputato e senatore freneticamente esibisce manco fosse la propria fedina penale. Una gara davvero misera e triste che da sola mortifica qualsiasi speranza di redenzione della politica. Ed è riassumibile nel grido della renziana Morani: «Grillini, cacciate gli scontrini!».
È così un Giggino Di Maio scuro in volto e con i nervi a fior di pelle quello che di buon mattino si precipita nella sede del Banco di Napoli a Montecitorio per farsi dare il certificato di (personale) «buona condotta». Verrà pubblicato urbi et orbi, con tutti i dettagli del caso: tra restituzioni e dettagli si parla di 370mila euro. Il ringhio del capo politico ha il taglio di un livido contrattacco: «Chi pensa di farci la morale abbia la dignità di starsene zitto e andarsi a nascondere... Renzi come livello di promesse mancate è ben al di sotto delle nostre mele marce: è partito rottamatore e si è ridotto a macchietta della politica. Da Renzi a Razzi il passo è breve. Chi ha violato le nostre regole sarà cacciato, anzi per me è già fuori».
Eppure, mentre alla cifra sbandierata dalla propaganda grillina mancano ormai oltre un milione e mezzo (ultimi dati dei controlli ex post), il problema è soprattutto questo: per la legge un candidato è candidato e non si può dimettere neppure in caso di elezione. Decide il Parlamento e, com'è accaduto nella scorsa legislatura per il senatore Vacciano, l'aula non approva spesso le dimissioni. Ora, se i probiviri salvano chi ha qualche bonifico in ritardo (come Barbara Lezzi) e altri come Toninelli, Lombardi eccetera sguaiatamente dimostrano di saper fare di conto, i nomi delle prime cinque «mele marce» vengono pubblicati sul blog in serata.
Si tratta di Andrea Cecconi, che ha finto versamenti per 21mila euro ed è da giorni irrintracciabile; Carlo Martelli, con un «ammanco» di 77mila euro, per «gravi motivi di famiglia» (sparito dai social e dalla circolazione pure lui); Maurizio Buccarella, che ha revocato due operazioni, dice, «per leggerezza»; Ivan Della Valle ed Emanuele Cozzolino, le cui posizioni sono al vaglio dei probiviri. L'invito dei Capi arriva perentorio via blog: «Provvedere immediatamente a versare quanto dovuto. Domani pubblicheremo ulteriori dati». La guerra continua, pericolo di valanghe.
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