Beirut - Era il volto, prima dietro le quinte, poi allo scoperto, del «sistema», «Le Puovoir», il regime politico-militare algerino che dal 1962 in poi ha superato indenne tutte le tempeste. Ma Gaid Salah, il potente capo delle forze armate, ha dovuto affrontare la crisi per certi versi più grave: l'insurrezione di massa dei cittadini che chiedono la democrazia e le dimissioni dell'élite politica.
Gaid Salah è deceduto all'età di 79 anni «in seguito a un attacco di cuore», ha precisato la presidenza. Il neoeletto presidente Abdelmadjid Tebboune, ha annunciato tre giorni di lutto nazionale e ha nominato suo sostituto ad interim il comandante delle forze terrestri, Said Chengriha. La rivolta algerina, scoppiata alla fine dell'anno scorso, è stata incanalata in binari molto stretti proprio da Salah, che ha avuto un ruolo centrale nella transizione dopo la rinuncia del raiss Abdelaziz Bouteflika a candidarsi per la quinta volta. Salah ha placato le proteste della piazza traghettando l'Algeria verso il voto che ha portato alla proclamazione di Tebboune. Da capo dell'esercito dell'Algeria da 15 anni e veterano della guerra per l'indipendenza contro la Francia, il generale era considerato come il guardiano del sistema dominato dai militari. Quando Bouteflika lo nominò nel 2004 a capo delle forze armate - la spina dorsale del regime opaco dell'Algeria - divenne uno degli uomini più potenti del Paese nordafricano.
La sua scomparsa non dovrebbe comunque incrinare il «sistema». La gerarchia militare è compatta quando si tratta di difendersi. Lo stesso Salah aveva sostenuto Bouteflika per anni fino a febbraio scorso, quando l'ex presidente aveva annunciato che avrebbe corso per la rielezione, scatenando dimostrazioni senza precedenti. All'inizio di aprile, proprio Salah aveva invitato il suo capo a dimettersi. Bouteflika lasciò il giorno stesso, consegnando nei fatti il Paese nelle mani del capo delle forze armate.
Salah ha sfidato i manifestanti insistendo per le elezioni presidenziali dell'11 dicembre, vinte poi da Tebboune anche lui vicino alle forze armate. Ma le proteste dei cittadini non sono finite. I manifestanti continuano a chiedere nelle loro dimostrazioni: «Uno stato civile, non uno militare».
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