Il governo è corso ai ripari con una nazionalizzazione da 8,8 miliardi, di cui 6,6 miliardi a carico dei contribuenti, e Consob ha sospeso sine die il titolo dal listino di Piazza Affari, ma la sfida per la sopravvivenza del Monte Paschi si giocherà nelle prossime due o forse tre settimane. In attesa che l'amministratore delegato Marco Morelli riscriva, entro un paio di mesi, il piano industriale da sottoporre al ministero del Tesoro e quindi alla Commissione europea, dopo il fallimento dell'aumento di capitale da 5 miliardi, la priorità è infatti ridare stabilità all'immagine della terza banca italiana e certezza ai suoi correntisti. Mps ha visto sparire, negli ultimi 12 mesi, circa 13 miliardi dai propri depositi e quindi deve sventare un'altra massiccia fuga di liquidità.
Il Monte ha tuttavia davanti a sè anche una prova cruciale con gli investitori istituzionali, che consiste nel doppio prestito obbligazionario già sul tavolo di Morelli. L'idea a Rocca Salimbeni è di lanciare il primo bond appena possibile, subito dopo le festività natalizie, facendosi scudo dell'ok di Francoforte alla garanzia statale posta dal ministro Pier Carlo Padoan sulle emissioni delle banche in difficoltà. Il secondo prestito è in agenda a febbraio. Entrambi saranno delle emissioni senior riservate ai grandi investitori che, a seconda della risposta del mercato, potrebbero attestarsi a 1-2 miliardi, così da avvicinare l'obiettivo di raccolta per l'intero 2017 fissato a 15 miliardi. Il livello degli ordini e il tasso definitivo saranno due sensori sensibilissimi del gradimento di cui gode Mps tra gli investitori; l'ultimo maxi-bond risale al 2015 e segnò il tutto esaurito.
L'altro grande problema di Morelli resta la pulizia del bilancio, vendendo 27 miliardi di crediti in sofferenza senza più l'intervento del Fondo Atlante che, di fatto, si è sfilato dopo il fallimento dell'aumento di capitale privato. Dal prezzo della cessione, prima fissato a 9 miliardi, dipende l'impatto sul bilancio e quindi anche il tasso di aggressività del nuovo piano industriale. Dato che la Bce ha già fatto capire che lo Stato Italiano non dovrà restare il padrone del Monte Paschi per più di 18 mesi (o al massimo 2 anni), tutto lascia pensare che ci sarà una cura lacrime e sangue. Perlomeno per accelerare gli obiettivi del piano industriale, presentato a ottobre, che fissava a 1,1 miliardi i profitti a fine 2019.
Viste le richieste di Francoforte, potrebbe essere necessario dimezzare i tempi del rilancio, e quindi agire con maggiore profondità anche sui costi. Il principale nervo scoperto resta quello del personale, dove al momento sono attesi 2.600 esuberi, destinati al prepensionamento, a fronte della chiusura di 500 filiali.
Difficile fare previsioni, ma se Morelli deciderà di alzare molto l'asticella dei risparmi, difficilmente sarà sufficiente il ricorso al Fondo esuberi, pur allungato da 5 a 7 anni. A quel punto farebbe probabilmente scuola il caso di CariFerrara, cui è stato chiesto di dimezzare i costi e che ricorrerà alle dimissioni incentivate.
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