Cinzia Meoni
Monte Paschi mette il turbo in Piazza Affari in attesa del consiglio di amministrazione che lunedì darà il via libera all'operazione di rilancio e approverà i conti del trimestre: il titolo, che tra il 5 e il 17 ottobre era rimasto immobile a 0,17 euro, ieri ha chiuso la seduta in rialzo a 0,27 euro, con un balzo del 13 per cento. In una settimana il balzo raggiunge i 58% punti percentuali (+44,5% nell'ultimo mese).
Vorticosi gli scambi: sono passati di mano 348mila pezzi, pari sei volte la media giornaliera dei tre mesi e al 12% circa del capitale di Rocca Salimbeni. In quattro giorni è così stato scambiato il 56% del Monte. È peraltro vero che, per puntare una fiche sul salvataggio, l'ennesimo, di Mps e mettere nel proprio portafoglio una manciata di titoli senesi, basta l'equivalente di quanto occorre per tentare la fortuna con un «Gratta e Vinci». Negli ultimi 11 anni, in effetti, Rocca Salimbeni ha bruciato in Borsa, aumenti compresi, una trentina di miliardi.
Mentre il mercato continua a interrogarsi sulle misure che saranno previste dal nuovo piano industriale firmato dall'ad Marco Morelli, oltre che sulla agognata discesa in campo dei grandi investitori esteri (dai fondi sovrani del Medio Oriente ai fondi di investimento Usa) a sostegno del maxi-aumento di capitale in programma (cinque miliardi l'importo massimo previsto), il premier Matteo Renzi non ha voluto far mancare il suo sostengo morale al gruppo. «Mps ha uno straordinario passato e avrà uno straordinario futuro», ha intervenuto ieri il presidente del consiglio a Bruxelles. Dall'ultima volta che Renzi è intervenuto in termini così fiduciosi sul destino di Rocca Salimbeni, dicendo che scommettere su Mps sarebbe stato «un affare», il titolo ha perso i due terzi del suo valore in Borsa: il 21 gennaio scorso, infatti, l'azione quotava 73 centesimi, contro i 27 centesimi di ieri.
Senza contare quanto sia inopportuno per il premier intervenire su una società quotata, di cui lo stesso Stato è diventato il primo azionista con il 4%, come conseguenza dei Monti bond. Il punto cruciale è infatti non sollevare neppure il dubbio di un'eventuale asimmetria informativa. Ragionamento questo che vale ancora di più se, come nel salvataggio della Rocca, sono coinvolti anche due ex ministri della Repubblica. Vittorio Grilli ricopre infatti un ruolo chiave nel Paese per Jp Morgan, la banca d'affari americana che ha firmato, con Mediobanca il piano all'esame del cda di lunedì. L'ex capo azienda di Intesa Sanpaolo e ministro del governo Monti, Corrado Passera ha invece proposto un percorso alternativo, che il vertice di Mps si è riservato di vagliare. «Quale tra gli ex ministri si preferisce non è un mio problema», ha commentato il premier per poi concludere: «Quello che mi interessa è che i correntisti siano salvi e che ci sia spazio di azione in futuro per Mps come per altre banche. Ma questo lo abbiamo sempre fatto: nessun correntista ha perso un centesimo».
Peccato che, proprio un anno fa, siano stati travolti dalla crisi dei loro istituti gli obbligazionisti subordinati e gli azionisti di Banca Etruria, Banca Marche, CariFerrara e CariChieti, che si sono visti azzerare i loro titoli per un totale di 3,4 miliardi.
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