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"Napolitano fu indagato per tangenti". La vendetta del sindaco cacciato

De Magistris viene sospeso e lancia messaggi. Ricordando le inchieste scomode su Re Giorgio

"Napolitano fu indagato per tangenti". La vendetta del sindaco cacciato

La notizia non è propriamente inedita, ma se a rilanciarla con forza è un ex pm manettaro nonché sindaco della terza città italiana, l'effetto è assicurato: Giorgio Napolitano fu indagato per tangenti durante la stagione di Mani Pulite. Se la cavò, anche se all'epoca - cosa più unica che rara - nessuno ne seppe nulla perché la sua iscrizione nel registro degli indagati fu secretata e - cosa altrettanto anomala - il segreto resistette alla curiosità di giornalisti e politici. Un trattamento speciale, insomma, che Luigi De Magistris, fino a ieri sera sindaco di Napoli, ha voluto ricordare forse come primo atto della sua vendetta per la condanna (abuso d'ufficio), e conseguente sospensione dalla carica di primo cittadino, in base alla legge Severino.

Per De Magistris, a Napolitano - e non ai ripetuti e clamorosi svarioni da pm - si devono le sue disgrazie: prima la cacciata dalla magistratura, poi da sindaco. Un complotto, insomma, al quale crede solo lui. Perché Napolitano dovrebbe avercela tanto con lo sciagurato ex magistrato, non è chiaro. Evidente è invece il tentativo di De Magistris di inquinare i pozzi della politica utilizzando informazioni che aveva acquisito vestendo la toga. E questo la dice lunga su chi aveva e ancora oggi ha in mano la nostra giustizia.

In quanto a Napolitano, nulla ci sorprende. All'epoca dei fatti l'attuale Re Giorgio era presidente di quella Camera che si arrese alle toghe. Le quali riuscirono a fare breccia nell'immunità parlamentare ottenendo proprio da lui che le votazioni sulle autorizzazioni all'arresto dei deputati passassero da segrete a palesi. Fu la sua una scelta morale, un favore, uno scambio conveniente? Chi può dirlo. Sta di fatto che Napolitano fu l'unico politico a non finire al gabbio a fronte della confessione di un imprenditore che sosteneva di aver versato 200 milioni di lire alla sua corrente. Non più segreto il voto, segreta l'indagine, segreta pure l'assoluzione.

E un bel segreto che resta ancora sullo sfondo: come mai nessun politico del Pci, partito di cui Napolitano era leader, finì nei guai? Forse nel «pizzino» di De Magistris c'è un indizio di risposta.

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