Sembra di essere tornati ai tempi di Cecco Beppe e del Kaisertum Österreich: quell'impero austro ungarico che a Budapest, in quella loro lingua non meno astrusa dell'antico assiro, chiamavano Osztrák Birodalom. Due Paesi ma un unico sentire, racchiuso nel motto «Austriae Est Imperare Orbi Universo», e cioè spetta all'Austria regnare sul mondo. Vero che il mondo non si muove più, da un pezzo, a tempo di valzer. Ma il feeling, nel cuore dell'Europa, è sempre quello. No, davvero non è rincuorante il rumore di fondo che sale dai confini dell'Austria-Ungheria, chiusi in difesa sul ring dell'Europa alle prese con un'ondata migratoria epocale. L'altro ieri, domenica, la prima prova di forza anti migranti al Brennero e i primi scontri con i «no borders» che cercavano il braccio di ferro.
Ieri il secondo passo, in un crescendo di tensione che desta timori fin negli Stati Uniti di Barack Obama, preoccupato dal vento di disgregazione che si respira nel cuore dell'Europa, da Londra a Budapest passando per Varsavia e Vienna. Dopo la frontiera con l'Italia, Vienna ecco la notizia - ha deciso di alzare anche il ponte levatoio che collega il Paese alla puszta ungherese, ripristinando i controlli alla frontiera nel Burgenland. Una politica che non pare destinata ad attenuarsi, dopo il trionfo al primo turno delle presidenziali austriache di Norbert Hofer, candidato di estrema destra del Partito della Libertà. Quanto al trattato di Schengen, esso è talmente kaputt che domani, al valico italo-austriaco, le autorità viennesi terranno una conferenza stampa per spiegare la reintroduzione della politica «dei controlli» al Brennero.
Fortissimo, il tema della chiusura ai migranti va anche in Serbia, che non a caso confina con l'Ungheria e che al tempo di Cecco Beppe, sempre non a caso, faceva parte dello stesso Kaisertum Osterreich. In Serbia, i nazionalisti del Partito radicale sono riusciti per la prima volta a ottenere circa l'8 per cento dei voti, raggranellando 22 seggi in Parlamento. Per dire dell'aria che tira anche a Belgrado.
Importano poco, a Vienna e a Budapest, i toni preoccupati emersi ieri al G5 di Hannover, dove Matteo Renzi, la Merkel, il presidente Hollande e il britannico David Cameron si sono incontrati col presidente americano Barack Obama. L'America e il mondo intero «hanno bisogno di un'Europa forte e unita», ha ripetuto Obama, condannando indirettamente le scelte di Austria e Ungheria e citando a proposito del fenomeno migratorio le parole di papa Francesco: «I profughi non sono numeri, ma sono persone che hanno volti e storie». Altro che muri! L'Unione Europea, ha scandito Barack Obama, è «una delle maggiori conquiste economiche e politiche dell'era moderna. Dopo la Seconda Guerra Mondiale nessun Paese europeo ha preso le armi contro un altro: non è accaduto per caso. In Germania più che in qualsiasi altro posto nel mondo avete imparato che quello di cui c'è bisogno nel mondo non sono muri». Dal summit arriva anche il sostegno «pieno» e «unanime» al Governo di Tripoli. La comunità internazionale - sottolinea Renzi - «farà di tutto» perché lo sforzo di al-Serraj «abbia successo». E per fronteggiare l'emergenza arriva poi l'importante apertura di Barack Obama ad un possibile impiego dei mezzi Nato per bloccare il traffico di uomini e le operazioni degli scafisti. Un accordo con la Libia, dice sempre Renzi, «ridurrà il traffico dei migranti. E si fa è tutta un'altra musica"
Da Hannover, il premier è tornato a sottolineare che «non c'è alcun elemento che giustifichi la chiusura del Brennero e quindi pensiamo che le autorità austriache non potranno che rispettare la normativa Ue. Se così non fosse sarà la Ue a prendere le decisioni conseguenti», ha avvertito.
Renzi vorrebbe una Ue «capace di investire nella crescita, contro il populismo». Ma a Vienna, convinti tuttora che «Austriae Est Imperare Orbi Universo», non sembrano disposti a prendere lezioni né dal Papa né dal presidente degli Stati Uniti. Figuratevi da un Matteo Renzi.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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