Nel mirino c'è il banchiere Signorini: osò criticare il sussidio e "quota 100"

Il suo mandato scade domani: l'incarico potrebbe non essere rinnovato

Nel mirino c'è il banchiere Signorini: osò criticare il sussidio e "quota 100"

È guerra su Bankitalia: il governo punta ad azzerarne i vertici. Lo hanno confermato ieri i due vicepremier all'assemblea degli ex soci di Veneto Banca e di Banca Popolare di Vicenza, in cui hanno poi rimarcato la mancata vigilanza degli organi preposti come causa della liquidazione coatta amministrativa delle due banche venete nell'estate del 2017 e della risoluzione applicata ad Etruria & C. di fine 2015. «Chiediamo discontinuità», ha sostenuto Luigi Di Maio, «La Banca d'Italia e la Consob andrebbero azzerati» ha rincarato Matteo Salvini.

Il rinnovo di Palazzo Koch potrebbe iniziare dal vicedirettore Luigi Federico Signorini (nel tondo) il cui mandato scade domani e che potrebbe non essere rinnovato nonostante la conferma arrivata a metà gennaio, come previsto dalla legge, dal Consiglio superiore della Banca d'Italia. Il fatto che il parere del governo sia vincolante è ancora da verificare, ma la direzione intrapresa dall'esecutivo appare chiara e potrebbe non fermarsi a Signorini portando a una rivoluzione quanto mai rapida. La vicedirettrice Valeria Sannucci e il direttore generale Salvatore Rossi sono infatti in scadenza a maggio. I tre, insieme al governatore Ignazio Visco (confermato a novembre 2017) e al terzo vicedirettore Fabio Panetta (confermato lo scorso ottobre), fanno parte del Direttorio, l'organo di autogoverno della Banca d'Italia.

«Non è una questione ad personam. Chi doveva vigilare le banche e non ha vigilato deve trarre le conseguenze» ha commentato Salvini. Signorini peraltro è forse il banchiere che maggiormente si occupa delle tematiche di finanza pubblica su cui, in più di un'occasione, si è scontrato con Palazzo Chigi. Nominato vicedirettore nel 2013, a 31 anni dal suo ingresso nell'istituto, Signorini infatti è il rappresentante di Bankitalia che partecipa alle audizioni parlamentari sui principali provvedimenti di politica economica. A iniziare dalla Finanziaria. E in questo ruolo ha sollevato perplessità sulle due leggi icone dell'esecutivo gialloverde: il reddito di cittadinanza e la cosiddetta «quota 100» che riforma, in ambito pensionistico, la Legge Fornero. A suo giudizio simili provvedimenti non sarebbero infatti in grado di spingere il Pil, tantomeno ai livelli «ambiziosi» inizialmente indicati in manovra (si parlava di una crescita del 3% del Pil nel 2019). A giudizio del tecnico: «l'aumento dei trasferimenti correnti, quali quelli connessi con la spesa sociale, così come gli sgravi fiscali, tendono ad avere effetti congiunturali modesti e graduali nel tempo. Stimiamo che il moltiplicatore del reddito associato a questi interventi sia contenuto». Non solo. Sul reddito di cittadinanza il banchiere aveva evidenziato la necessità che «il perseguimento dell'obiettivo di protezione sociale non disincentivi l'offerta di lavoro».

Signorini ha poi più volte richiamato l'attenzione sulla necessità di un «controllo credibile della dinamica del disavanzo» sull'allungamento dei tempi di abbattimento del debito pubblico in seguito alla manovra e sui costi che il recente «conflitto con gli organi dell'Ue sul rispetto delle regole comuni» hanno comportato in termini di aumento degli interessi sul debito italiano «con un effetto in qualche modo comparabile a una stretta monetaria» che «rischia di vanificare tutto l'impulso espansivo atteso dalla politica di bilancio».

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