Salvini non ha vinto contro tutti, ma contro il nulla. Le elezioni europee traducono in voti il solito, ottuso e testardo errore strategico dei sacerdoti della cultura di sinistra. Lo schema è sempre lo stesso. Si dice che il male sta arrivando e ha la faccia del nemico di turno. Questa volta tocca a Salvini, prima a Berlusconi, domani a qualcun altro. Funziona? No. Ormai è chiaro. È un po' come gridare continuamente «al lupo, al lupo». non sei credibile. Rendi, anzi, più forte la minaccia che tenti di scacciare. Salvini si nutre dell'energia di chi lo attacca. Sono stati gli altri, i suoi avversari, a piazzarlo al centro della scena. Sono stati loro a disegnarlo, dando corpo, sostanza, contorni alla sua figura. Salvini, Salvini, Salvini, il nome che rimbalza ovunque e si prende spazi, titoli, like e consensi. Tu lo chiami ombra nera e lui vince.
Non basta. Quell'ombra nera si riflette su chi la pronuncia, torna indietro, e scarnifica idee, progetti, visioni, identità, storie. Desertifica. Sono almeno venticinque anni che questa maledizione di controbalzo apre squarci di nulla all'interno di una tradizione politica. Non se ne accorgono o non ne possono fare a meno, come se demonizzare l'avversario fosse l'unico modo per riconoscersi. Tutto questo ha un costo sempre più pesante, perché l'ossessione verso l'avversario ti fa dimenticare chi sei, da dove vieni, ti fa rinnegare pezzi di ideali e di futuro. Sei cieco e non hai più punti di riferimento, non hai una mappa e vaghi in cerchio in un passato senza fine. Che fine ha fatto per esempio la sinistra garantista o quella che incarnava il concetto retorico di popolo? Si fa fatica a ricordare una battaglia che non sia solo opposizione all'altro. Perfino i temi etici sembrano avere senso solo come risposta, come piazza, come protesta. Eppure in questi anni c'è stato il crollo dei salari, la perdita costante di posti di lavoro, la bancarotta di un welfare che ha l'ambizione utopistica di salvaguardare tutti ma non riesce a salvare gli ultimi, quelli che lo Stato non vede, non raggiunge, non conosce. Il welfare non è un'ossessione della sinistra, perché è più facile ripetere, spesso starnazzando, il mantra sull'eterno ritorno del fascismo. Non è un'ossessione neppure la riduzione delle tasse sul lavoro, l'architrave della crisi economica italiana. Qualcuno dirà: è una nostra battaglia, è nei nostri programmi. Certo, però a margine, perché per il resto del tempo si sta lì a macerare il nome del nemico, ogni santo e maledetto giorno.
Il nemico è tutto e nel suo nome si può anche disprezzare questa democrazia senza qualità, che puzza di populismo e non garantisce la vittoria dei giusti, dei buoni, dei migliori.
Tanto da dissacrarla, tanto da evocare la bestialità del suffragio universale. Nel nome del nemico la sinistra, perfino quella riformista e senza nostalgie togliattiane, ha rinunciato a tutto. Cosa è oggi? Il negativo della fotografia del suo nemico. È Salvini in chiaroscuro.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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