C' era così tanto sangue sul pavimento e tra i banchi che il canale televisivo TvC ha preferito mandare in onda le immagini in bianco e nero, per non impressionare troppo i telespettatori. Da questo dettaglio emerge in tutta la sua drammaticità quanto accaduto ieri mattina nella chiesa di Ozubulu, una cittadina di 73mila abitanti dello Stato di Anambra, nel Sud della Nigeria, vicino alla città portuale di Onitsha. Un commando di almeno quattro persone, armato di pistole e mitragliatori, e con il volto coperto, ha fatto irruzione alle 6.20 di mattina (le 7.20 in Italia) nella chiesa dedicata a San Filippo, ha aperto il fuoco uccidendo almeno 11 persone (secondo alcune fonti non governative le vittime sarebbero addirittura una cinquantina) e provocandone il ferimento di altre 70. Testimoni oculari hanno riferito di aver visto molti fedeli rimanere vittime dei colpi degli assalitori, i quali avrebbero fatto fuoco in maniera indiscriminata sulla folla che stava assistendo e celebrando la funzione eucaristica. Una voce, non confermata dalle autorità locali, parla di uomini armati che stavano dando la caccia a un signore della droga per un regolamento di conti. Non avendolo trovato in casa si sarebbero recati in chiesa, dove lo avrebbero individuato per poi colpire in maniera indiscriminata anche gli altri fedeli. Una ricostruzione che non sembra convincere più di tanto Garba Umar, il capo di polizia dello Stato di Anambra. Secondo il funzionario «non ci sono elementi per affermare quale possa essere la matrice dell'attentato. Quella del terrorismo resta una delle ipotesi».
Boko Haram non ha rivendicato la mattanza, anche se il modus operandi ricorda quello di altri attentati perpetrati dai jihadisti nelle chiese cattoliche nigeriane. Nel caso in cui venissero accertate le responsabilità del gruppo che fa capo a Abubakar Shekau, ci troveremmo di fronte a un vero e proprio cambio di rotta. Raramente Boko Haram si spinge così lontano dal suo centro di potere, contestualizzato tra gli Stati del Nord Est di Borno, Yobe e Adamawa. È come se il gruppo che ha giurato fedeltà all'Isis volesse entrare in competizione proprio con il Califfato di Al Baghdadi, per creare una leadership oltre il continente africano. La potenza di fuoco di Boko Haram sta diventando nel tempo superiore sia a quella degli Al Shaabab del Corno d'Africa, che ai miliziani di Aqmi, che agiscono a ridosso dei territori sub-sahariani. C'è anche un altro aspetto che fa della Nigeria in queste settimane uno stato vulnerabile: il vuoto di potere. Il presidente Muhammadu Buhari, eletto nel 2015, ma che aveva già guidato il Paese tra il 1975 e il 1976 e tra il 1983 e il 1985 da dittatore golpista, si trova da maggio a Londra dove sta cercando di combattere una lotta ormai disperata contro un male incurabile. Nelle ultime ore sono in parecchi a sostenere che l'attentato alla chiesa di San Filippo non sia altro che il tentativo di alimentare una strategia del terrore e preparare il terreno a un colpo di stato. Sarebbe il nono da quando la Nigeria ha ottenuto l'indipendenza (1960) dalla Gran Bretagna.
Il ministro della Difesa, Mansur Dan Ali, ha inviato un messaggio radiofonico alla nazione, spiegando che «il terrorismo e i nemici dello Stato non avranno la meglio sulla democrazia». Che sia stato il ministro della Difesa a parlare ai nigeriani e non il vice-presidente Yemi Osinbajo, come stabilisce il protocollo, potrebbe avere il significato di un imminente cambiamento negli equilibri politici.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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