Il no dei big del Carroccio alla finanziaria "elettorale"

«Hai delle azioni? Allora valle a vendere prima che parli Borghi». La battuta è di un deputato milanese della Lega, che in mezzo al Transatlantico dà di gomito a un collega e indica il presidente della commissione Bilancio della Camera mentre chiacchiera con alcuni giornalisti davanti all'ingresso dell'Aula.

Il no dei big del Carroccio alla finanziaria "elettorale"

«Hai delle azioni? Allora valle a vendere prima che parli Borghi». La battuta è di un deputato milanese della Lega, che in mezzo al Transatlantico dà di gomito a un collega e indica il presidente della commissione Bilancio della Camera mentre chiacchiera con alcuni giornalisti davanti all'ingresso dell'Aula. Una boutade, certo. Ma che dà la misura di quanto il tema della tenuta dei conti del Paese e del risparmio degli italiani sia caldo in queste ore.

Al di là della Borsa e dello spread, infatti, uno dei dati che sta facendo breccia in quel di Palazzo Chigi è la fuga di capitali che si sta registrando in quest'ultimo mese. Secondo fonti ufficiose attribuite alla Banca d'Italia, si sarebbero già dileguati oltreconfine ben 60 miliardi di euro, segno che - qualunque sia il giudizio sull'operato del governo e sulla manovra - chi ha liquidità e risparmi non si fida a lasciarli in mano alle nostre banche. Un processo che o si arresta a breve o rischia davvero di portarci a un passo dal baratro.

Anche per questo a Palazzo Chigi c'è chi spinge per fare immediatamente un tagliando alla manovra, argomento questo che è stato oggetto di una riunione cui erano presenti il vicepremier Matteo Salvini, il sottosegretario alla presidenza Giancarlo Giorgetti, il sottosegretario all'Economia Massimo Garavaglia e il consigliere del leader leghista Alberto Brambilla. Un incontro che si è tenuto dopo che mercoledì scorso Salvini aveva deciso di regalarsi un bagno di folla con Luigi Di Maio davanti a Palazzo Chigi rivendicando la bontà della manovra.

I conti, infatti, al di là delle roboanti dichiarazioni di facciata, sembra che non tornino neanche ai più stretti collaboratori del vicepremier. Al punto che tutti gli avrebbero chiesto con una certa insistenza di ammorbidirsi almeno sul timing della riforma delle pensioni. Salvini ha risposto di non volerne sapere niente, perché «fra sei mesi si vota e non possiamo permetterci passi indietro». Lo sguardo, insomma, è già alle elezioni europee del prossimo 25 e 26 maggio, a meno che - ma pare improbabile - il leader della Lega non si riferisse a possibili elezioni anticipate.

Comunque sia, il punto è che - forse un unicum nella storia della Repubblica - un governo appena insediato fa una manovra ultraelettorale, cosa che di solito avviene nell'ultimo biennio della legislatura.
Anche il grillino Stefano Buffagni, infatti, è da giorni che va predicando cautela. E il sottosegretario agli Affari regionali viene descritto come uno degli uomini più vicini alla Casaleggio Associati. Sarà un caso, ma proprio ieri Giorgetti e Buffagni se ne stavano abbracciati nella buvette di Montecitorio, quasi a condividere le fatiche di un braccio di ferro che con Salvini e Di Maio va avanti da giorni. Certo, il dubbio che il sottosegretario alla presidenza giochi un po' il ruolo del poliziotto buono per mitigare il «cattivo» Salvini resta.

Anche se non convince un democristiano di lungo corso come Gianfranco Rotondi. «Da quando è costretto a star dietro ai desiderata del Capitano - dice nel bel mezzo del Transatlantico - Giancarlo non spiccica più un sorriso...». Alla fine, però, qualche risultato Giorgetti pare lo stia portando a casa. Sulla Fornero, infatti, il governo ha iniziato ad ammorbidirsi. «La riforma - spiega Borghi - dovrebbe slittare ad aprile. La cosa negativa è che più tardi si comincia, più tardi si va a regime. Quella positiva è che rinviando di qualche mese si risparmiamo un bel po' di soldi».

D'altra parte, non è solo l'Inps a dire che la cosiddetta «quota 100» non è sostenibile. Di qui lo slittamento, che potrebbe riguardare anche il reddito di cittadinanza. Così, a un mese dalle Europee anche Salvini e Di Maio elargiranno i loro 80 euro per poi andare all'incasso nelle urne.

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