Nordcorea, l'ultima minaccia «Testata la bomba all'idrogeno»

Il nuovo ordigno potrà armare missili intercontinentali L'allarme di Seul e Tokyo. Trump: «Attaccare? Vedremo...»

«L a Corea del Nord è uno stato canaglia!», tuona Trump, «siamo pronti alla battaglia finale» risponde Kim Jong-un. Dietro a quello che all'apparenza potrebbe sembrare un gioco delle parti si nasconde un'inquietante escalation innescata per l'ennesima volta da Pyongyang. Quando sugli schermi della tv di Stato Kctv appare la sagoma di Ri Chun Hee, con il suo hanbok (kimono) rosa d'ordinanza, le sciagure sono in agguato. Ieri «l'Eroina del Lavoro» ha informato che la Corea del Nord aveva da poco effettuato il suo sesto test nucleare, un test perpetrato con una bomba all'idrogeno. L'esplosione ha provocato un forte sisma di magnitudo 6.3, seguito da un altro di magnitudo 4.6. L'ipocentro è stato misurato a «zero chilometri», a conferma della natura artificiale dell'onda sismica. Poco dopo l'annuncio di Ri è stato lo stesso Kim a inviare una velina al quotidiano nazionale «Rodong», ribadendo l'esito positivo dell'operazione e spiegando che «il nucleare è lo strumento per portare avanti la nostra rivoluzione, fino alla fine. Abbiamo i migliori scienziati, i migliori tecnici, i migliori operai del mondo. Siamo pronti alla battaglia finale». Come se non bastasse è intervenuto sul secondo quotidiano del Paese, il Choson Sinbo, il ministro della Difesa Ri Yong-gil, rivelando che il «settimo esperimento è stato pianificato per il 17 settembre». Nel giro di un'ora la notizia è stata cancellata dalla pagina internet del giornale, e pochi minuti dopo anche lo stesso quotidiano on-line ha smesso di essere visibile dal popolo degli internauti. Forse Ri Yong-gil ha parlato troppo, e una lingua sciolta a quelle latitudini finisce per avere i giorni contati.

Il test con la bomba a idrogeno è stato effettuato sia per spaventare l'occidente ma anche per festeggiare l'imminente «Doglib ginyeom-il», la giornata che segna la nascita ufficiale della Corea del Nord nel 1948. Qualche analista da Seul si è domandato che cosa potrebbe avere in mente Kim in vista dei settant'anni dell'indipendenza. Resta il fatto che domenica alle 12 ora locale (le 5.30 in Italia) Pyongyang ha alzato il tiro in maniera vertiginosa. La deflagrazione dell'ordigno è avvenuta a Punggye-ri, sito più volte utilizzato dal dittatore nordcoreano per gli esperimenti nucleari. Nelle intenzioni di Kim la super-bomba è destinata ad armare un missile intercontinentale dalla potenza devastante. Basti pensare che l'onda generata dall'esplosione è pari a 5-6 volte quella del quinto esperimento e 11 volte del quarto, entrambi tenuti nel 2016. Ha raggiunto una potenza di 100 chilotoni, circa 5 volte più forte della bomba sganciata dagli Stati Uniti sulla città giapponese di Nagasaki nell'agosto del 1945. Un chilotone equivale a 1.000 tonnellate di tritolo, a testimonianza che le intenzioni di Kim non sono soltanto quelle di terrorizzare l'area e di far tremare i polsi a Corea del Sud e Giappone (alleati Usa), bensì di preparare un attacco su larga scala, e ad ampio raggio.

Come era nelle previsioni le reazioni sono state all'insegna della totale condanna. «La Corea del Nord - ha scritto Trump in un tweet - è un Stato-canaglia ed è diventato una grave minaccia e fonte di imbarazzo per la Cina. Pechino sta cercando di aiutare ma con scarso successo». Trump ha convocato il Consiglio di Sicurezza Nazionale della Casa Bianca, incontrando i suoi collaboratori per fare il punto sul test nucleare, il primo da quando è stato eletto presidente.

Una dura risposta è arrivato dalla Cina che, attraverso il ministro degli Esteri Wang Yi, ha condannato «con forza l'intemperanza di Pyongyang». In Giappone il premier Abe ha definito la mossa «assolutamente inaccettabile», mentre la Corea del Sud, che ha alzato l'allerta, ha intenzione di chiedere più aspre sanzioni all'Onu.

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