Nozze gay, aiutino di Grasso: voto rinviato di una settimana

Il Pd chiede uno stop per "riannodare i fili politici", il presidente dà l'ok e scatena l'ira delle opposizioni. Caos sugli emendamenti: non si conoscono quelli ammessi

Nozze gay, aiutino di Grasso: voto rinviato di una settimana

Rinvio: all'indomani del voltafaccia dei Cinque Stelle sulle unioni civili, il Pd senza più i numeri in Senato prende tempo per evitare che la legge affondi nella palude di Palazzo Madama.Dopo una notte insonne di conteggi e riconteggi, con l'ulteriore difficoltà di un presidente del Consiglio in volo dall'Argentina e non consultabile, ieri mattina è toccato al capogruppo Luigi Zanda chiedere una settimana di tempo per «riannodare i fili politici», ha spiegato, e per «individuare i percorsi che possano consentire di proseguire senza buttare a mare il lavoro fatto».

Bagarre, le opposizioni insorgono e chiedono al presidente del Senato di non concedere l'aiutino al Pd; i Cinque Stelle (anche per coprire la figuraccia del giorno prima) chiedono di andare subito al voto sulla legge; il leghista Calderoli spiega a Grasso che ha sbagliato tutto sottinteso: tenendo bordone al Pd e illustra minuziosamente come invece avrebbe dovuto presiedere; i redivivi rappresentanti di Ncd, riportati in vita dalle acrobazie dei grillini, cercano di insinuarsi suadenti nei guai del Pd per invitarli ad abbandonare la linea pro ddl Cirinnà e trattare con i centristi. Intanto sui banchi grillini scoppia una rissa da mercato del pesce tra la senatrice Bottici, che in quota Grillo è persino questore del Senato, e la ex M5S Bencini che contesta le scelte del gruppo, con intervento da par sua di Paola Taverna, che strilla epiteti irriferibili. Da Forza Italia anche Gasparri si scaglia contro Grasso, accusando il Pd di aver «coinvolto la presidenza del Senato nell'uso di procedure scorrette, in aperta violazione dei regolamenti», il presidente dei senatori azzurri Paolo Romani chiede al presidente di pronunciarsi subito sulla massa di emendamenti per capire quali verranno ammessi e quanti saranno a voto segreto: «Finché non scioglie questi nodi è difficile fare qualunque valutazione. Non ci si può sedere a un tavolo se non si conoscono regole del gioco». Grasso replica che l'incognita verrà svelata solo quando si entrerà nel merito. Alla fine, dopo una lunga conferenza dei capigruppo, l'aula del Senato vota a maggioranza per il rinvio. Si torna in aula mercoledì, e di qui ad allora il Pd dovrà studiare una nuova tattica parlamentare per cercare di salvaguardare almeno il grosso della legge Cirinnà. Partendo da un presupposto: «Il Pd di Pier Luigi Bersani, avendo perso le elezioni, non ha nessuna maggioranza in Senato, e alla Camera si è salvato solo grazie al Porcellum», ricorda il vicepresidente del gruppo Alessandro Maran.

Quindi «non può essere autosufficiente, né come si è visto fidarsi dei grillini». Cosa altamente prevedibile, spiega Fabrizio Cicchitto di Ncd: «I Cinque Stelle da settimane andavano confidando che, dopo quel che ci ha combinato il Pd su Quarto, alla prima occasione gliela avrebbero fatta pagare». Il problema è che in casa Pd non ci si fida molto neppure dei centristi e dei ringalluzziti cattodem, «metà buona di loro vuol solo buttare a mare i gay e la legge». Quindi, fare un accordo «di maggioranza», come invoca Alfano, per stralciare la stepchild e votare il resto del ddl è una strada scivolosa. Allo stato, l'ipotesi più accreditata è di andare avanti cercando di blindare al meglio le unioni civili e mantenere le adozioni, affidandole però al voto (segreto) dell'aula. Se, come probabile, verranno affondate, si chiederà ad Ncd di mantenere la parola e votare il resto.

L'ultima parola però spetta a Renzi, che domani sarà a Bruxelles ma domenica prenderà il toro per le corna, intervenendo all'assemblea nazionale del Pd: «Questa legge vogliamo e dobbiamo portarla a casa», ripete ai suoi. Come, è ancora da vedere.

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