Ai piani alti dell'Eurotower la vista sull'Italia è la stessa che hanno i trader asserragliati dietro le loro postazioni. C'è l'identica preoccupazione, lì alla Bce, di una deriva dei conti italiani, di un'inversione a U rispetto agli impegni da onorare. Dalle proposte di politiche economiche più lassiste contenute nei programmi del futuro governo Lega-M5s, sono già derivati i riflessi negativi su spread e sui rendimenti dei bond pubblici: «Mentre l'esito non determinante delle elezioni italiane del 4 marzo non ha provocato una significativa reazione dei mercati - si legge nell'ultimo Rapporto sulla stabilità finanziaria - , gli yield sovrani sono finiti sotto pressione nell'ultimo periodo in quanto è cresciuta la preoccupazione dei mercati per l'agenda politica della coalizione di governo in formazione». Il rischio estremo, non escluso dall'istituto di Francoforte, è che - se attuate - queste politiche possano provocare un effetto contagio sull'eurozona. Insomma, roba tossica che non si vedeva dalla crisi del debito sovrano. Roba capace di far deragliare perfino i piani di uscita dal quantitative easing, il bazooka anti-speculazione.
Gli uomini di Mario Draghi hanno sempre uno stile un po' laterale per dire le cose, ma il report è quanto di più chiaro si sia letto da tempo. Si potrebbe riassumere così: «Vietato allargare i cordoni della borsa». Un avviso a vecchi e nuovi naviganti nei mari agitati del Terzo millennio, tra protezionismi montanti e voglie di deficit spending. L'Italia non è l'unica nazione oggetto delle attenzioni della banca centrale (nella black list ci sono anche Francia, Belgio e Portogallo), ma c'è un passaggio del Rapporto che sembra parlare più a noi che agli altri. È questo: «Alcuni Paesi altamente indebitati sono a rischio di inosservanza degli sforzi fiscali strutturali previsti dalle regole del Patto di stabilità e crescita. Un eventuale deterioramento della crescita o un allentamento fiscale in questi Paesi potrebbe avere conseguenze sull'outlook fiscale e, di conseguenza, anche sulla fiducia del mercato verso alcuni Paesi dell'area euro emittenti di bond sovrani».
Anche il vicepresidente della Bce, Vitor Constancio, è preoccupato per i piani di spesa del nuovo esecutivo. E punta il dito contro il «significativo aumento dei rendimenti dei titoli di Stato italiani» (ieri quelli sui Btp a 10 anno erano al 2,396%, mentre lo spread ha toccato i 193 punti e la Borsa ha chiuso a -0,7%), senza escludere che questa risalita possa portare a tassi d'interesse più elevati anche in altri Paesi dell'area dell'euro. «I rischi di trasferimento (degli aumenti dei tassi, ndr) non sono fuori questione». Secondo Constancio, il Paese ha una sola strada da seguire: «Attenersi alle regole fiscali europee, che sarebbero nel suo proprio interesse». L'Italia potrebbe essere inoltre il tema clou della riunione della Bce del 14 giugno in cui si dovrebbero prendere decisioni sul piano di acquisto titoli.
«Vediamo che i mercati hanno già reagito (al nuovo governo italiano), ne dobbiamo tenere conto», ha detto il lituano Vitas Vasiliauskas, componente del board della Bce. La variabile-Italia allarma più dei dazi di Trump.
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