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"Oggi servirebbe il partito del Nord. Con Salvini identità lombarda orfana"

Sfidò il Capitano nel duello per la segreteria e adesso vuole la rivincita: "Si celebri il congresso della Lega Nord"

"Oggi servirebbe il partito del Nord. Con Salvini identità lombarda orfana"

Milano. Gianni Fava, ex assessore regionale, sfidante di Matteo Salvini nella Lega, come ha vissuto questi mesi?

«Molto male, il virus mi ha colpito duro, mi sono ammalato nella prima fase, anche se su quattro tamponi il Covid non è mai stato trovato, poi il test sierologico ha detto che lo avevo. Ora sto molto meglio, la malattia è superata, ho gli effetti collaterali».

È stato in condizioni gravi?

«Sono entrato al Poma di Mantova in condizioni precarie, nel momento peggiore per gli ospedali, è un'esperienza che mi segnerà. Sono stato salvato dalla terapia antimalarica».

Che idea si è fatto?

«Conosco bene la macchina lombarda. Resta una sanità ospedaliera d'eccellenza. Ciò che è peggiorato è la sanità territoriale. Io ho rischiato di morire a casa, poi una mia amica medico ha imposto visita e ricovero. È un fatto organizzativo, ma ci sono grandi competenze e ottime strutture».

Contro Attilio Fontana c'è una campagna durissima.

«È un trattamento iniquo. Nonostante non abbia lo standing di Formigoni o di Maroni, non si può certo fraintendere la debolezza con altro. Umanamente è sbagliato e ingiusto».

E l'attacco è condotto da centralisti e statalisti.

«Se l'epidemia l'avesse gestita una sanità statale qui sarebbe stato molto peggio. Con tutti i limiti della Lombardia questo è chiaro. Ma si continua a non capire cos'è la Lombardia: è troppo grande per essere una Regione e troppo debole, come strumenti, per essere Stato. Ed ecco il tema della rappresentanza».

Cioè?

«I lombardi sono sotto-rappresentati. Al netto dei giudizi individuali, la questione è: qualcuno ha a cuore queste battaglie? Se lo chiedono tutti, soprattutto quelli che non hanno mai votato Lega. Io non ho mai sentito tante gente dire Mi sento lombardo. Mai successo: i veneti avevano un'identità forte, i lombardi no. C'è un'identità forte, ed è rafforzata anche dal dolore, ma ora è orfana di rappresentanza».

C'è l'assedio alla Lombardia.

«Una forma ancestrale di invidia. Quando un fuoriclasse si rompe un ginocchio, tanti esultano. A tanti dava fastidio una Lombardia così efficiente, produttiva, e alla prima occasione per poterla attaccare l'hanno fatto, ma maldestramente. Quel Ricciardi è quanto di più utile alla causa lombarda. Ma moltissimi si sentono lombardi ora».

Anche non leghisti-padani.

«Ho ricevuto un bellissimo messaggio dal capo di un centro islamico. Non è questione etnica ma identitaria, non si discrimina certo per provenienza o religione. La Lega di Bossi era così. È surreale che non ci sia un contenitore che dia voce a questa identità. O che sia narcotizzato».

E la Lega?

«Esistono due partiti distinti. Una è la Lega Nord, ibernata nelle mani di un commissario, l'altra è la Lega Salvini premier alla quale quelli come me non hanno aderito. Io ho rinnovato la tessera della Lega Nord ma non ho aderito alla Lega Salvini. Prima o poi si deve uscire da questo imbarazzo. È ora che si celebri un congresso della Lega Nord».

Però quanti siete?

«Non lo so, vediamo. Chi si vergogna di questa storia la lasci pure a noi. Io non ho ambizioni, ma non si smette di fare politica, pur non vivendo di politica».

Il ruolo di Giorgetti?

«Credo che viva con fastidio questo momento e certi personaggi. Certo non è uomo da rivolta. Non credo che sia il soggetto intorno al quale si coalizzerà un dissenso a Salvini. È stato bossiano, abbastanza maroniano, salviniano.

È un uomo d'ordine e le rivolte le fanno i peones».

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