«Abbiamo problemi da non sottovalutare. Il lavoro che manca per tanti, anzitutto. Forti diseguaglianze. Alcune gravi crisi aziendali, l'esigenza di rilanciare il nostro sistema produttivo». Le priorità elencate dal presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, hanno una valenza politica perché sottopongono a un severo scrutinio la scarsa efficienza del governo giallorosso guidato da Giuseppe Conte. Ma, al tempo stesso, portano sotto i riflettono le oltre 150 crisi aziendali che, sostanzialmente, non hanno trovato sblocco al ministero dello Sviluppo economico a trazione M5s, prima con Luigi Di Maio e oggi con Stefano Patuanelli.
Ancora sospese le vicende ex Ilva e Alitalia, nuove vertenze si aprono quotidianamente a livello locale in tutto il Paese. Due esempi su tutti: Safilo, noto gruppo di occhialeria, ha presentato un nuovo piano industriale che prevede circa 700 esuberi tra Veneto e Friuli e la chiusura totale dello stabilimento di Martignacco, in provincia di Udine. Lo storico marchio di cucine Berloni, passato in mani taiwanesi, ha avviato la messa in liquidazione e 85 persone rischiano di rimanere senza lavoro. La ex Ilva è uno dei dossier di lunga data. Il 7 gennaio il Tribunale del Riesame si esprimerà sull'Altoforno 2 e, secondo il cronoprogramma stabilito dal custode giudiziario, dovrebbero partire le operazioni di fermata dell'impianto con la conseguente messa a rischio di circa 6mila degli 11mila posti di lavoro complessivi. ArcerlorMittal Italia, guidata dall'ad Lucia Morselli (in foto a sinistra), ha sottoscritto una bozza di intesa n il governo che, in pratica, dovrebbe farsi carico del ricollocamento dei lavoratori in esubero.
Mancano, poi, poco meno di 5 mesi alla fine della telenovela Alitalia. Se entro il 31 maggio non verrà individuata dal commissario straordinario Giuseppe Leogrande una compagnia in grado di rilevare la parte in bonis del complesso aziendale, si scriverà, come preannunciato da Patuanelli, la parola fine su Alitalia e sui suoi 11.700 dipendenti. Non meno preoccupante è il comparto bancario. Unicredit, guidata dall'ad Jean Pierre Mustier (in foto a destra), intende chiudere 450 filiali italiane, lasciando a casa tra i 5.500 e i 6mila dipendenti (poco meno del 15% dei 38 mila totali). Mentre i lavoratori da tutelare di Banca Popolare di Bari, dopo il commissariamento, sono 3.200.
E anche per i lavoratori della catena di grande distribuzione Auchan, assorbita in gran parte da Conad, le tribolazioni non sono terminate. Se le progressive cessioni di supermercati che si sovrappongono alla rete del gruppo italiano, stanno consegnando qualche speranza agli oltre 6mila esuberi inizialmente dichiarati, resta aperta la questione dei lavoratori della sede centrale e degli altri punti vendita in sospeso con oltre 3mila posti a rischio.
«Senza un forte tessuto produttivo, il Paese è destinato a un inesorabile declino: insieme al governo, dunque, vanno trovate soluzioni efficaci, in grado di rilanciare produzione e occupazione», ha commentato il segretario della Uil, Carmelo Barbagallo.
Ecco perché il presidente Mattarella ha messo in rilievo l'esigenza di «investire sui giovani: diamo loro fiducia, anche per evitare l'esodo verso l'estero» Ma soprattutto, occorre dare loro «occasioni di lavoro correttamente retribuito» e favorire «il formarsi di nuove famiglie». Un'utopia con oltre 150 crisi aperte.
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