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Ong e Cei contro Greta e Vanessa: "Non dovevano partire"

"Una volta che paghi, salvi una vita, ma rendi più pericolosa la permanenza degli altri operatori"

Ong e Cei contro Greta e Vanessa: "Non dovevano partire"

"È un dilemma terribile. Nella mia lunga storia non mi è mai capitato, anche se abbiamo avuto dei martiri tra i nostri volontari. La vita viene sempre al primo posto. Ma certo il non pagamento è il presupposto per restare a operare in un Paese. Una volta che paghi, salvi una vita, ma rendi più pericolosa la permanenza degli altri operatori. Per tutto questo, non bisognerebbe essere incauti nelle partenze". Risponde cosi, ad un’intervista a Repubblica, Gianfranco Cattai, fino al 2013 presidente dell'Aoi (associazione delle ong italiane), oggi a capo della Focsiv: federazione di 72 organismi di volontariato, attivi in oltre 80 Paesi nel mondo. La questione è sempre la stessa: il riscatto pagato per liberare Greta e Vanessa, le due cooperanti italiane rapite nel luglio scorso in Siria.

Ma Cattai non è l’unico a considerare la situazione con occhio critico. In un editoriale pubblicato dal Sir, agenzia di stampa di riferimento della Cei, si legge che il pensare all’intera vicenda, non può non considerare "sottile diffuso malcontento che si respira tra la gente, quella "gente comune" che oggi, spesso, fa fatica ad arrivare a fine mese e si interroga se sia giusto che lo Stato (sempre che venga confermato ufficialmente) paghi 12 milioni di euro per due ragazze che, a loro stesso dire, per lo meno sono state un po’ incaute a recarsi in Siria, oltretutto finanziando il terrorismo islamico." Una cifra, quella del riscatto, su cui la politica e l’opinione pubblica rimane divisa. Il Ministro degli Esteri Paolo Gentiloni aveva liquidato le voci che parlavano di 12 milioni come: "illazioni". Eppure, il dubbio di quanto sia stato sborsato dallo stato italiano resta.

E la proposta, sempre secondo quanto si legge nell’editoriale del Sir: "l’opinione pubblica conoscesse un limite economico oggettivo e dichiarato di eventuale intervento dello Stato in caso di sequestro.

Si tratterebbe non di dirsi disponibili a pagare un riscatto, bensì della eventuale disponibilità dello Stato stesso a contribuire con aiuti umanitari per sollecitare e facilitare la liberazione di cooperanti o altri soggetti rapiti in missioni umanitarie."

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