Operaio torna in fabbrica dopo il trapianto di fegato (ma l'hanno licenziato)

L'uomo non può più svolgere il vecchio lavoro Colleghi in sciopero contro la lettera dell'azienda

Nadia Muratore

Rivoli (Torino) È tornato in fabbrica dopo otto mesi di malattia per un trapianto al fegato, contento di poter ritrovare i suoi colleghi e ritornare a una vita all'insegna della normalità ma non aveva fatto i conti con l'azienda che lo ha licenziato. È accaduto alla Oerlikon Graziano, un'azienda metalmeccanica di Rivoli, in provincia di Torino, nel laborioso Piemonte, che ha licenziato un operaio rientrato dopo aver subito un trapianto al fegato. Incredulo e sconvolto per una decisione così radicale presa da un'azienda dove lui ha trascorso ben 37 anni senza mai un richiamo - Antonio Forchione, 55 anni - ha incassato il colpo basso ma non si è arreso.

«Mi hanno fatto una visita - ha spiegato l'operaio - e mi hanno dichiarato inabile. Mi hanno costretto a tre settimane di ferie forzate e poi lunedì scorso mi è arrivata la lettera di licenziamento». Ma lui non si arrende e ha già annunciato di voler fare causa all'azienda per ottenere un risarcimento. Le sigle sindacale - Fim, Fiom e Uilm - appreso del licenziamento, hanno proclamato uno sciopero di due ore su tutti i turni e hanno definito «inaccettabile» la decisione dell'azienda, leader nel campo della produzione di ingranaggi e componenti per la trasmissione. In programma anche una giornata di sciopero che coinvolga anche gli altri stabilimenti piemontesi e il sito di Bari. «Ho una disabilita' pesante e non posso più stare in officina - conclude Antonio -. Potrei però continuare a fare lavoro d'ufficio o di magazzino, anche demansionato. Invece secondo l'azienda sono diventato inutile. Ho sempre fatto i tre turni senza lamentarmi, la mia vita, però, è cambiata circa un anno fa, quando i medici mi hanno diagnosticato un brutto male al fegato. Mi avevano dato sei mesi di vita. Poi ho subìto un trapianto e l'operazione è andata bene». Già a gennaio Antonio avrebbe voluto rientrare in officina, anche se i medici si erano raccomandati di evitare di respirare polveri e fumi vari.

«L'azienda - prosegue Antonio - mi ha suggerito di mettermi in ferie, così ho smaltito i giorni che avevo a disposizione ma quando sono tornato mi hanno detto che il posto per me non c'era più». «C'erano tutte le condizioni per trovare una soluzione, ma da parte dell'azienda non c'è stata la volontà - spiega Gianni Mannori della Fiom -. I rappresentanti sindacali sono stati informati a licenziamento già avvenuto. La protesta è stata indetta anche perché è il terzo caso simile, dopo quelli che hanno riguardato due delegati Fiom negli stabilimenti di Bari e di Sommariva Bosco, nel Cuneese». La Oerlikon Graziano - che ha circa 700 dipendenti a Rivoli e oltre mille e 500 in Italia - non è la prima volta che finisce sotto i riflettori per comportamenti anti-sindacali. Qualche mese fa i dipendenti avevano contestato le cosi' dette: «pause collettive», ossia nove minuti di interruzione del lavoro per utilizzare la toilette, fumare una sigaretta o bere un caffè. Momenti di breve relax da fare in gruppi, come aveva disposto la direzione. Un operaio, militante sindacale aveva contestato il provvedimento, poi era stato licenziato «per supposta sopravvenuta inidoneità fisica», anche lui in seguito ad un intervento chirurgico. «Un licenziamento indegno - commenta Cesare Damiano, presidente della Commissione Lavoro della Camera - e una vergognosa mancanza di umanità da parte dell'azienda».

Forchione farà causa per ottenere un

risarcimento e spera che il tribunale gli riconosca un indennizzo tale da consentirgli di agganciare la pensione, tra cinque anni. Dice di essersela presa, ma non più di tanto: «Sono convinto che il giudice mi darà ragione».

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