Ora Trump minaccia l'ex capo dell'Fbi

«Comey deve sperare che non esistano nastri delle nostre conversazioni»

Valeria Robecco

New York Donald Trump alza il tiro sull'ex direttore dell'Fbi James Comey, ricorrendo a toni minacciosi affidati come di consueto al suo primo portavoce, Twitter. «Comey deve sperare che non ci siano nastri delle nostre conversazioni, prima che lui cominci a parlare con la stampa!», tuona il presidente americano.

Intanto il New York Times rivela dettagli sulla cena tra il tycoon e l'ex numero uno del Bureau, avvenuta sette giorni dopo il suo insediamento alla Casa Bianca. Secondo fonti informate, Trump invitò a cena Comey e gli chiese di promettergli lealtà, ma lui garantì solo «onestà» al Commander in Chief. Le fonti affermano che si trattò di una cena a due, durante la quale The Donald avanzò due volte il tema della lealtà, e non soddisfatto della prima risposta, chiese se poteva contare su una «onesta lealtà», ottenendo una risposta affermativa. La ricostruzione è però contestata dalla Casa Bianca che la definisce «non accurata», poiché il presidente «non lascerebbe mai intendere di aspettarsi lealtà personale, ma soltanto verso il Paese». Trump nel frattempo sembra aver abbandonato, almeno per ora, l'idea di visitare la sede dell'Fbi, dopo che gli è stato detto che probabilmente non sarebbe accolto con calore dai dipendenti, la maggior parte dei quali «è fedele all'ex direttore» da lui licenziato, come conferma un agente a Nbc.

È attesa in queste ore, invece, la nomina del capo ad interim del Bureau, se non verrà confermato l'attuale reggente, Andrew McCabe. Secondo funzionari del dipartimento della Giustizia il direttore ad interim potrebbe essere considerato anche un candidato per la nomina come successore di Comey. Nella rosa dei papabili ci sono lo stesso McCabe, il governatore del New Jersey Chris Christie, lo storico commissario della polizia di New York, Ray Kelly, e Trey Gowdy, repubblicano del South Carolina alla guida della commissione della Camera che ha indagato sulle azioni della Clinton dopo l'attacco a Bengasi.

Nella raffica di tweet mattutini, il tycoon torna anche a parlare del Russiagate. «Ancora una volta, la storia di collusione fra la Russia e la mia campagna elettorale è stata inventata dai democratici come una scusa per aver perso le elezioni», attacca.

Poi difende indirettamente la vice portavoce della Casa Bianca, Sarah Huckabee Sanders, accusata di aver fornito ricostruzioni non esatte sul licenziamento di Comey, e minaccia: «Forse la cosa migliore da fare sarebbe cancellare i futuri briefing con la stampa e inviare risposte scritte?».

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