Il padre scorda il figlio per cinque ore in auto La vittima ha due anni

L'uomo doveva accompagnarlo al nido La Procura indaga per omicidio colposo

Il padre scorda il figlio per cinque ore in auto  La vittima ha  due anni

Ha salutato la moglie come ogni mattina, si è lasciato la porta di casa alle spalle ed è uscito con il figlioletto di due anni per portarlo all'asilo. Ma il bimbo dalla maestra non è mai arrivato perché è rimasto in auto cinque ore ed è morto per asfissia.

È stato ritrovato senza vita, legato sul sedile posteriore dell'auto del papà, ingegnere e dipendente amministrativo della facoltà di Ingegneria di Catania, che lo ha dimenticato lì quando ha chiuso la portiera e si è recato al lavoro. Il piccolo è morto di caldo nel parcheggio della cittadella universitaria. La momentanea amnesia del padre si è trasformata in una tragedia, in una città dove ieri c'erano trenta gradi. La giovanissima vittima probabilmente si era addormentata nel tragitto casa scuola e l'uomo deve aver rimosso che lo aveva con sé per lasciarlo al nido.

L'allarme è scattato alle 14 quando la nonna materna è arrivata all'asilo e le maestre le hanno detto che il nipote non era andato. Così la donna ha chiamato la figlia, medico cardiologo all'ospedale Cannizzaro, che a sua volta ha avvertito il marito. Solo a quel punto l'uomo si è reso conto del blackout mentale avuto e si è precipitato nel parcheggio. Ma era troppo tardi. Inutile la folle corsa verso il Policlicnico: quelle cinque ore nell'auto, con i finestrini chiusi, sono state fatali per il bimbo. A occuparsi del caso gli uomini della squadra mobile di Catania. Sul corpicino è già stata disposta l'autopsia e il pm Andrea Norzi ha aperto un fascicolo per omicidio colposo.

Catania nel 1998 era stata teatro di un'analoga tragedia. Un ingegnere trentasettenne, dipendente della Sgs Thompson, era uscito per portare Andrea, due anni, a scuola. Ma dopo aver comprato il giornale aveva tirato dritto, dimenticandosi della presenza del figlioletto. E lo aveva lasciato chiuso nell'auto parcheggiata davanti allo stabilimento dell'azienda in cui lavorava. Alle 14, dopo aver ricevuto una telefonata dalla moglie, aveva realizzato quanto aveva involontariamente fatto. Ma Andrea era già morto. Fu uno dei primi casi italiani di «amnesia dissociativa», ovvero perdita di memoria causata da traumi o stress e che determina l'incapacità di ricordare cose personali importanti: un pezzo di esistenza, di vita e di tempo per un dato lasso temporale.

La soluzione ci sarebbe, ma ancora una volta arriva tardi, bloccata da una burocrazia farraginosa. La legge che obbliga i genitori ad utilizzare seggiolini con sensore anti-abbandono per i propri figli, infatti, avrebbe potuto salvare le due vittime catanesi. Il nostro Paese questa legge ce l'ha da quasi un anno e dal 1° luglio tutti quelli che trasportano minori fino a 4 anni avrebbero dovuto adottare questi particolari seggiolini, che fanno rilevare attraverso determinati sensori la presenza dei piccoli passeggeri, anche quando questi dormono o si è sopra pensiero. Ma il decreto del ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti che avrebbe dovuto fissare le caratteristiche tecniche per questi sistemi non è arrivato per tempo.

«È stato bocciato dalla Commissione europea - dice il presidente dell'Asaps, Giordano Biserni - Chiediamo da subito un intervento del nuovo ministro dei Trasporti Paola De Micheli con la predisposizione di un nuovo testo, che in poche settimane contenga le obiezioni presentate in sede Europea e sia pubblicato sulla Gazzetta

Ufficiale. Vogliamo anche sapere come si intendano aiutare le famiglie italiane per quanto attiene il contributo di un milione di euro previsto dalla legge finanziaria 2019 al fine di acquistare i seggiolini salva-vita».

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