«Senza un via libera del ministero della Salute e del Cts noi non possiamo somministrare una sola dose agli ex malati di Covid. Non ci possiamo assumere questo rischio, è una responsabilità troppo grande, da Roma ci diano un segnale, basta che lo facciano in fretta. Il virus non aspetta». Luigino Icardi, assessore alla Sanità della Regione Piemonte e coordinatore della Commissione Salute della Conferenza delle regioni non ha dubbi su chi deve dare il via libera a questa evenienza. Certo, sarebbe un toccasana, visto che si risparmierebbero milioni di dosi di vaccino da destinare alle categorie che più esposte al contagio. E alcuni studi indicano effettivamente che nei guariti potrebbe essere addirittura appropriato fare una sola dose. Ma i previdenti obiettano che non tutti i malati di covid hanno anticorpi a sufficienza a contrastare il virus ora più virulento che mai. E tra le due ipotesi, ce n'è una terza che sta prendendo piede: quella di «mettere in fondo alla lista» questi cittadini già immunizzati, per dare precedenza a chi rischia di contrarre il virus per la prima volta.
Anche il nodo di usare le scorte di Astrazeneca del secondo richiamo per aumentare le vaccinazioni è una decisione di competenza nazionale (anche se qualche governatore già si ribella). E sarebbe opportuno, spiega sempre Icardi, che il ministro Roberto Speranza dia indicazioni in tempi stretti. Ma i precedenti non fanno ben sperare. Per esempio, è mancata tempestività dal ministero anche nel comunicare alle regioni la scelta di usare il vaccino di Oxford fino ai 65 anni di età. Se Aifa aveva dato il via libera all'allargamento della fasce di età (da 55 a 65 anni) il 17 febbraio, la circolare di aggiornamento sulle modalità di somministrazione arriva alle regioni, in via telematica, solo il 23 febbraio. Sei giorni preziosi che avrebbero potuto essere ridotte a poche ore dopo l'ok tecnico-scientifico. E il piano vaccinale, dopo il brillante avvio - ma tra gli ospedalieri - sta diventando sempre più caotico. Tra gli over 80 si va a rilento. E c'è diffidenza nell'accogliere un vaccino sicuro come Astrazeneca, complice la mancanza di un'incisiva comunicazione.
Ma per ora siamo ancora in una «zona protetta». La fase tre della campagna coinvolge gli operatori dei servizi pubblici essenziali. Vale a dire, Forze dell'ordine, trasporti, tribunali e scuole. Lazio e Lombardia cominciano dalle Università. In Campania i docenti di scuole di primo e secondo grado: 40 mila sono già vaccinati, 120 mila sono prenotati, in attesa dei vaccini. Quando si partirà con la vaccinazione di massa, invece, sarà ancora più complicato. Ad aprile, infatti, ci sarà una svolta sulla produzione e la consegna dei diversi vaccini e il problema sarà distribuirli alla popolazione nella maniera più efficiente possibile. Fabrizio Curcio, il nuovo capo della Protezione Civile, vuole dare una scossa alla elefantiaca macchina che conta più di un milione di volontari e 700 dirigenti. Curcio sembra voglia seguire le indicazioni già trasmesse dal premier Mario Draghi nel suo messaggio in Parlamento. Niente primule, ma palazzetti dello Sport, parcheggi di centro commerciali, piazze dei mercati nelle piccole città. È una sfida tutta nuova, anche per il neo eletto che comunque ha un'ampia conoscenza della macchina organizzativa. Fabrizio Curcio, infatti, era già stato chiamato in Protezione da Guido Bertolaso. Che l'altro ieri, con i giornalisti, ha lanciato una bonaria frecciatina. «Mi auguro che questa volta si ricordi di scrivere nel curriculum che ha lavorato con Bertolaso...».
Bertolaso che all'Eco di Bergamo spiega la sua idea: vaccinati medici e over 80 «non si può continuare a scendere seguendo la fascia anagrafica. Se il Paese deve ripartire sotto con chi lavora, chi sta in fabbrica, chi si muove, chi non ha potuto lavorare in questi mesi come bar e ristoranti».- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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