Ci hanno provato a tirare il Papa (nella foto) per la veste bianca, a fargli dire che non si sventola strumentalmente il rosario come ha fatto Matteo Salvini in piazza Duomo. Ma Francesco, che come i suoi predecessori interviene sulla Politica e resta fuori dalle vicende quotidiane nazionali, non è entrato nella polemica che ha visto esprimersi il segretario di Stato, Pietro Parolin, il segretario della Cei, Gualtiero Bassetti, il gesuita Antonio Spadaro, direttore de «La Civiltà Cattolica». Si è schermito: «Non capisco la politica italiana, devo studiarla».
Poi ha spiegato di non aver ricevuto nessun esponente del governo, tranne il presidente del consiglio, Giuseppe Conte («intelligente, un professore, sa di che cosa parla»), perché lui è l'unico che gli ha fatto richiesta come da protocollo, ovvero attraverso la segreteria di Stato. Sembrerebbe un invito, oltre che la fine di mediatori e lobbisti d'Oltretevere, quelli che vivono di conoscenze con prelati e amici di prelati. Il Pontefice venuto da Buenos Aires caldeggia le vie ufficiali, che di sicuro praticava l'ex premier Paolo Gentiloni, ottimo conoscitore del protocollo, se non altro perché tra i suoi avi annovera Vincenzo Ottorino Gentiloni, uomo di fiducia di Pio X e promotore del «patto» con cui i cattolici tornarono a votare nel 1913 dopo il non expedit.
Venendo al merito dei temi caldi, se possiamo paragonare l'Italia agli Usa, se non altro per similitudine di migranti in coda, anche le critiche del Papa al Muro di separazione col tra Messico sono indirizzate a Trump, non dimenticano che sia la Clinton che Obama hanno votato per la Barriera. In Italia Bergoglio, quando invita a essere accoglienti con i migranti, non lésina ringraziamenti per quel che Roma ha fatto: lancia segnali al nostro Paese, ma il più delle volte bacchetta la sempre più neghittosa Ue. La sintonia è con Angela Merkel: quando nel 2016 il Papa ha ricevuto il premio Carlo Magno, le ha concesso una lunga udienza privata. Empatia durata nel tempo.
Non si può dire che il Pontefice argentino che riceve esponenti dei movimenti di base dei Paesi latino- americani (reduci da pesanti dittature) sia in sintonia con Salvini. Parole come «un politico mai deve seminare odio e paura, soltanto speranza giusta, esigente, perché deve condurre il Paese», pronunciate sul volo papale di ritorno dalla Romania, lasciano pensare al vicepremier leghista. Ma Francesco, oltre ai capi di Stato e di governo con i quali scambia visite di rito, cerca di ricevere tutti coloro che glielo chiedono.
Bergoglio non è Montini e non ha un Aldo Moro nel cuore, ma ha vissuto un certo feeling con il presidente emerito della Repubblica, Giorgio Napolitano, e ora col suo successore, Sergio Mattarella. Oltre alle visite in Quirinale e in Vaticano, Mattarella è andato a Santa Marta per la messa che il Papa celebra ogni mattina e tra i due la relazione va oltre la cordialità. Moderazione e fede riservata del capo dello Stato sono nelle corde del Pontefice.
I patiti di photo opportunities ricordano gli scatti del Papa con Virginia Raggi, con Matteo Renzi e con Nicola Zingaretti. Non sono indizi di simpatia con la sinistra italiana, come dimostra il documentato incontro a due col presidente uscente dell'Europarlamento, l'azzurro Antonio Tajani. Raggi, da sindaco di Roma, parla col Pontefice ogni 8 dicembre, quando lui da vescovo di Roma porta la corona di fiori all'Immacolata in piazza di Spagna.
Poi c'è l'udienza in cui il Papa riceve sindaco e presidente della Regione, dal 2013 Zingaretti. Nel 2006 Veltroni disse «Damose da fà» in bavarese a Benedetto XVI durante l'udienza agli amministratori di Roma e Lazio. Citava una celeberrima frase di Giovanni Paolo II in romanesco. Una storia che continua.
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