Il parere dei consulenti dei giudici Ue: «Violati in tre punti i diritti del Cavaliere»

Gli esperti sollevano obiezioni sulla legge Severino e la decadenza dal Senato

Il parere dei  consulenti dei giudici Ue: «Violati in tre punti i diritti del Cavaliere»

In almeno tre punti, i diritti del cittadino ed esponente politico Silvio Berlusconi sono stati violati. A un mese e mezzo dalla decisiva udienza del 22 novembre a Strasburgo, quando la Corte europea dei diritti dell'Uomo dovrà decidere se il Cavaliere va reintegrato nel Senato e può candidarsi alle elezioni, a dirlo sono i consulenti della stessa Corte che dovrà decidere. I giudici di Strasburgo, chiamati a muoversi in una situazione di delicatezza estrema sia sul piano giuridico che politico, hanno chiesto un «amicus Curiae brief», ovvero un parere consultivo, al massimo organismo in questo campo del Consiglio d'Europa. E la risposta da un lato sembra bocciare le obiezioni dei difensori di Berlusconi, ma su tre punti li accoglie. Ed è ovviamente su questi che lo staff legale del leader azzurro si prepara a fare leva in vista del 22 novembre.

Il parere è stato chiesto alla «Commissione di Venezia», l'organismo che vigila sulla «democrazia attraverso la legge», analizzando procedure e normative dei paesi membri. Al centro della richiesta, una delle obiezioni che con più insistenza Berlusconi ha mosso alla sua estromissione dal Parlamento in base alla legge Severino: la natura tutta politica dei due passaggi che a Palazzo Madama, prima in Giunta per l'eleggibilità e poi in aula, hanno portato alla sua espulsione. Secondo il Cavaliere, la decadenza dall'incarico (oltre a essere illegittima perché applicava retroattivamente una legge successiva ai fatti) non era automatica, ed è di fatto stata votata dalla maggioranza per liberarsi di un avversario politico.

La Commissione di Venezia afferma dapprima che i paesi membri dell'Unione europea hanno diritto di regolare i requisiti per eleggibilità e decadenza secondo i criteri che ritengono più opportuni, purché entro i limiti della ragionevolezza; e che di fronte alla decisione di decadenza dalla carica parlamentare non è necessario garantire la possibilità di un ricorso a un organismo superiore come la Corte Costituzionale. Ma stabilisce che il parlamentare ha diritto ad assistere al procedimento a suo carico in una seduta pubblica e con l'assistenza di un avvocato, e questo nel caso di Berlusconi non è avvenuto: in Giunta la decisione è avvenuta a porte chiuse, mentre in aula il Cavaliere non aveva avvocati a difenderlo; inoltre la decisione deve essere assunta da un organismo imparziale, e né il Senato né la Giunta lo sono. E soprattutto la «Commissione di Venezia» sembra ritenere inaccettabile la legge Severino perché prevede la decadenza dal mandato in modo indiscriminato.

Nell'amicus Curiae brief si afferma che una misura estrema come la decadenza dal mandato parlamentare può essere assunta solo davanti a condanne solo per alcuni tipi di reati o a pene particolarmente lunghe: mentre la norma applicata a Berlusconi colpisce pressoché indistintamente tutti i reati del codice e tutte le condanne superiori ai due anni di carcere, che non possono essere certo considerati una pena «particolarmente lunga». Resta ora da vedere se, dopo averlo chiesto e ottenuto, la Corte dei diritti dell'uomo si adeguerà a questo parere.

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