Roma - Guai a definirlo «palazzinaro». E anche l'etichetta di «immobiliarista» gli va stretta. Luca Parnasi, l'imprenditore finito agli arresti nell'ambito di un'inchiesta coordinata dal procuratore aggiunto di Roma Paolo Ielo sulla costruzione del nuovo stadio della Roma a Tor di Valle, ama definirsi uno «sviluppatore» di idee.
Ma è soprattutto un figlio d'arte: nel 2010 il padre Sandro, un imprenditore molto vicino al Partito comunista, che a partire dagli anni Quaranta cominciò a mettere in piedi palazzi grazie al boom che porta Roma all'espansione edilizia, gli consegna l'impero di famiglia sorto sulla capitale e dintorni: il grattacielo Bnl sulla stazione Tiburtina, le torri di Euroma2 all'Eur, gli alloggi a Marino, il terzo polo commerciale a Pescaccio, decine e decine di migliaia di metri quadrati di case e negozi e terreni su cui far sorgere un centro commerciale al Laurentino.
Un impero però sull'orlo del fallimento: la crisi del mattone ha messo in ginocchio l'azienda madre, Parsitalia, il cuore del business edilizio. La società accumula debiti, fino al 2015 quando l'esposizione raggiunge i 283 milioni di euro, costringendo il gruppo a cedere tutte le più importanti partecipazioni immobiliari al veicolo Capital Dev controllato da Unicredit. La banca vanta la quota maggiore di crediti nei confronti delle aziende di Parnasi, per centinaia di milioni di euro.
La costruzione dello stadio diventa l'occasione della vita, per salvare nome e patrimonio di famiglia. Da tifoso giallorosso, una passione trasmessa da un nonno adottivo, Teseo, pescatore di Fiumicino, Luca, fiuta l'affare. Puntando dritto sulla realizzazione del tempio del calcio di fede giallorossa, per riaccreditarsi nelle stanze dell'imprenditoria capitolina. Operazione che Parnasi jr mette in pratica costruendo una solida rete di rapporti politici trasversali e acquistando i terreni su cui il futuro stadio della Roma dovrebbe sorgere. Diventa uno dei maggiori finanziatori della campagna elettorale alle comunali di Roma nel 2013: i romani portano in Campidoglio il sindaco Ignazio Marino. L'inchiesta Mafia capitale travolge l'amministrazione Marino ma non i piani di Parnaso che cambia, velocemente, interlocutore: nel 2016 alla guida del Comune di Roma arriva la grillina Virginia Raggi. E il rampollo di casa Parnasi non rinuncia al progetto, provando a infilarsi nel mondo pentastellato a suon di favori e promesse. Nel frattempo, le mire imprenditoriali si spostano in Lombardia e Sicilia. Senza mai perdere d'occhio gli affari capitolini dove stringe un patto di «non belligeranza» con Sergio Scarpellini, l'altro volto della speculazione edilizia romana. Tifoso, spregiudicato negli affari e amante della vita mondana: nel 2010 sposa l'attrice Christiane Filangieri, una discendente del giurista Gaetano Filangieri. Dall'unione nasce Alessandro: una favola perfetta. Tra soldi, potere e dolce vita.
Ma per la Procura «Luca è oggi il dominus dell'organizzazione che stava provando a mettere le mani sulla costruzione del nuovo stadio di Roma». Un'accusa che rischia di distruggere l'immagine dell'imprenditore dal volto da bravo ragazzo.
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