Parola fine sullo "ius soli": la destra esulta, la sinistra litiga

Al Senato non c'è il numero legale, salta definitivamente la legge. Pd nel mirino: assenti numerosi esponenti dem

Parola fine sullo "ius soli": la destra esulta, la sinistra litiga

Finanziaria blindata, ius soli affossato: in poche ore, ieri, il Senato ha esaurito i residui compiti della legislatura.

Che sul provvedimento per la nuova cittadinanza sarebbe andata a finire così, lo sapevano tutti. E tutti, trasversalmente e con diverse gradazioni, hanno contribuito. All'ora di pranzo, dopo la discussione di una pregiudiziale di costituzionalità della Lega, viene chiesta la verifica del numero legale necessario per passare ai voti. Il numero legale non c'è, e lo ius soli finisce in archivio, fino alla prossima legislatura.

I senatori Cinque Stelle sono i più leninisti nel darsela a gambe: in aula non ce n'è neppure uno, in esecuzione dei precisi ordini della Casaleggio. Ampiamente assente Forza Italia (solo il 13% dei senatori erano in aula), la Lega (27%), fuori anche Gal e Ala. Più forti le presenze a sinistra, con Pd al 70% in aula e Leu all'80%. Nei dem si contavano 29 assenti, e immediatamente i rivali scissionisti del partito di D'Alema e Bersani puntano su di loro il dito accusatore. Del resto, il Pd (pur in larghissima parte favorevole al provvedimento) non aveva alcuna intenzione di avventurarsi nell'operazione ius soli a fine legislatura: «I numeri per farlo passare in Senato non ci sono - spiega un esponente renziano - quindi avremmo solo regalato la campagna elettorale a Lega, grillini e destra». I partiti contrari, contando sul diffuso clima anti-immigrati, avrebbero «scatenato la guerriglia in Parlamento, e la piazza fuori», e per giorni non si sarebbe parlato d'altro. E senza alcuna certezza di poter poi raggiungere l'obiettivo, perché da soli i voti del Pd e dei fuoriusciti di Leu non sarebbero bastati a farlo passare.

Dunque, meglio far scivolare il provvedimento in coda al calendario, contando sul binario morto di fine legislatura. Di qui anche i 29 assenti di ieri. Ma ufficialmente il Partito democratico stigmatizza l'accaduto e attacca: «Destra e Cinque stelle fanno mancare il numero legale - accusa il ministro Maurizio Martina - Un atteggiamento irresponsabile contro una legge di diritti e di doveri e una scelta di civiltà». Esulta la Lega: «Il ddl è naufragato. Colpito e affondato. Morto e sepolto», dice Roberto Calderoli, autore ieri della richiesta di verifica del numero legale che ha sancito l'inevitabile fine del provvedimento. Gli fa eco da Fi Maurizio Gasparri: «Siamo orgogliosi di aver fatto naufragare una legge folle».

Si mostra addolorato Pietro Grasso, presidente uscente del Senato e aspirante leader delle sinistre dure e pure: «Purtroppo non si è potuto approvare, ma sarà il mio primo impegno nella prossima legislatura». Non si capisce con chi Grasso pensi di approvarlo, visto che nella prossima legislatura lui e Bersani sognano di offrirsi a Grillo e sostenere il governo Di Maio, e i Cinque Stelle di ius soli non vogliono sentir parlare, ma tant'è.

Intanto viene sospeso il digiuno pro ius soli dei Radicali e di esponenti della sinistra Pd come Luigi Manconi.

E, se i Radicali chiedono di rinviare lo scioglimento delle Camere per votare la legge, Manconi è più realista: «Grazie al Movimento 5 stelle, che ha fatto mancare il numero legale, si conclude così, a meno di un miracolo, il percorso accidentato dello ius soli. La mia è un'ammissione di sconfitta».

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