Paura per il Papa a Sarajevo: "Nel mirino dei missili islamici"

Misure di sicurezza al massimo livello per le undici ore della visita. E gli esperti di terrorismo temono un attacco contro l'aereo di Bergoglio. O bombe sul percorso

Paura per il Papa a Sarajevo: "Nel mirino dei missili islamici"

Papa Francesco, oggi a Sarajevo, affronta un viaggio ad alto rischio. Le misure di sicurezza sono eccezionali e nelle ultime ore, prima dell'arrivo del Santo Padre, si attendevano arresti preventivi di qualche decina di estremisti islamici.

Alla vigilia della storica visita, lo Stato islamico ha reso noto il primo video incentrato sui Balcani. Dei mujaheddin bosniaci, kosovari e albanesi inneggiano alla guerra santa e annunciano: «Vendicheremo le umiliazioni dei musulmani» nell'ex Jugoslavia contro «la sottomissione cristiana».

In Bosnia, fin da febbraio, dopo l'annuncio della visita del Papa, sono state registrate minacce al Santo Padre soprattutto in rete. «In alcuni casi infondate, ma in almeno due occasioni si è andati più a fondo sventando eventuali pericoli» rivela una fonte riservata del Giornale a Sarajevo. Irfan Nefic, portavoce della polizia, ha ammesso che «dei sospetti radicali islamici sono sotto stretta sorveglianza». Secondo le informazioni raccolte nella capitale bosniaca ieri pomeriggio, l'antiterrorismo potrebbe lanciare nelle ore notturne qualche decina di fermi preventivi per evitare sorprese.

Il rischio maggiore è rappresentato dai seguaci della guerra santa con addentellati in Siria e Iraq. Ufficialmente sono 200, ma fonti di intelligence parlano di 360 volontari bosniaci andati a combattere nelle file del Califfato o di Al Nusra, la costola siriana di Al Qaida. Una cinquantina è già rientrata in patria. Il vero problema riguarda il serbatoio di circa 3000 estremisti islamici salafiti presenti in Bosnia.

Non a caso lo Stato islamico ha pubblicato ieri il primo video sui Balcani. Un narratore si scaglia contro «i crociati» della Nato sulle immagini della guerra in Bosnia. Il combattente, Abu Muhammed al Bosni incita a rovesciare il governo di Sarajevo. Un altro miliziano bosniaco, nome di battaglia Salahuddin, vuole espandere il Califfato nei Balcani ed invita «uccidete i miscredenti ovunque essi siano… mettete l'esplosivo nelle loro auto, avvelenate le loro bevande».

Non proprio un benvenuto per l'arrivo del Papa. Secondo Balkan insight, sito di giornalismo investigativo, i rischi maggiori di attentato sono due: «Un attacco con un missile a spalla contro l'aereo papale e trappole esplosive lungo il tragitto della visita». Nel 1997, durante il viaggio a Sarajevo di Giovanni Paolo II, era stato trovato dell'esplosivo sotto un cavalcavia.

Non a caso le misure di sicurezza sono strettissime e la visita del Papa dura appena 11 ore. Il tragitto dall'aeroporto è stato controllato metro per metro. Al passaggio del corteo papale le forze di sicurezza hanno ordinato di tenere chiuse le finestre e di non affacciarsi sui balconi. Le strade sono completamente chiuse e i circa 800 autobus di pellegrini in arrivo, da tutta la regione, vengono controllati fin dalla partenza. Allo stadio di Sarajevo Papa Francesco officerà la Messa alle 11. Per i minuziosi controlli di sicurezza le centomila persone previste dovranno accedere dalle 6 del mattino. Misure rigide previste anche per i diplomatici nell'incontro alla presidenza bosniaca.

Gli angeli custodi del Papa sono già a Sarajevo da una decina di giorni. In marzo il comandante della Gendarmeria vaticana, Domenico Giani, ammetteva: «La minaccia esiste. Questo è ciò che emerge dai colloqui che ho con i colleghi italiani e stranieri. Ma una cosa è l'esistenza di una minaccia, altra cosa la pianificazione di un attacco».

A fine marzo il ministro dell'Interno della parte serba della Bosnia, Dragan Lukac, aveva confermato al Giornale , di «possibili minacce alla sicurezza per la visita del Papa a Sarajevo».

In rete, fino a ieri mattina, circolavano commenti ostili: «Cosa ci viene a fare? Perchè i musulmani devono gioire?».

Il Santo Padre porta in Bosnia «un messaggio di pace indirizzato a tutti» spiega Pietro Parolin, segretario di Stato. Un messaggio coraggioso in una terra di frontiera, che il Califfato sogna di conquistare.

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