Le elezioni anticipate ai primi del marzo del 2018 costituiscono un bel regalo di capodanno al Pd per la campagna elettorale con un conto salato a carico del governo che verrà dopo le elezioni, che dovrà fare una manovra correttiva per ridurre di 0,3 punti sul Pil il deficit del bilancio del 2018, varato questo dicembre, con varie mance rivolte a raccogliere voti. In sé 0,3 punti di Pil valgono 5 miliardi, ma se la manovra si fa a maggio, bisogna caricare su 8 mesi scarsi la correzione annuale e quindi l'onere aumenta di 2 miliardi. La manovra ci verrà chiesta dalla Commissione europea, che la ha già preannunciata, con una missiva preliminare. In marzo, il quadro economico del 2018 sarà più chiaro e il Commissario competente ci manderà il calcolo definitivo. Con Bruxelles si può cercare di mercanteggiare come il governo Pd ha fatto in passato barattando la richiesta di sconti sulle riduzioni di deficit con la accettazione supina di decisioni franco tedesche a noi non favorevoli. Ma accanto a Bruxelles, noi dovremo rispondere al richiamo che ci è venuto da Francoforte dalla Bce, guidata da Mario Draghi. Questi nell'annunciare che la politica monetaria di facilitazione quantitativa (QE) consistente nell'acquisto di titoli pubblici e altri titoli da parte della Bce continuerà per tutto l'anno, perché ce ne è ancora bisogno per raggiungere tasso di inflazione fra lo 1,5 e il 2% considerato «stabilità monetaria», ha aggiunto che i Paesi con debito eccessivo come l'Italia debbono ridurlo, riducendo il loro deficit di bilancio.
La richiesta di Draghi all'Italia non è negoziabile, perché la Germania e altri paesi sostengono che sebbene la politica monetaria di Qe sia benefica per tutta l'euro zona, essa ha l'inconveniente di stimolare Paesi come l'Italia a fare nuovi debiti, contando sul fatto che la Bce si prende a carico quelli vecchi. Formalmente la Qe non consiste nel finanziare i disavanzi, perché si attua con l'acquisto di titoli pubblici emessi in passato e quindi non contrasta con il divieto per la Banca centrale europea di finanziare con proprie emissioni di moneta i deficit che fanno i singoli stati membri. Ma sostanzialmente, sostiene la Bundesbank tedesca, la politica italiana di mantenere un alto debito pubblico, sfruttando la Qe se non è zuppa (cioè finanziamento di deficit in cambio di moneta) è pan bagnato (cessione di vecchi debiti per farne di nuovi, in cambio di moneta). Man mano che la Qe si ridurrà, il tasso di interesse sul debito salirà e l'Italia se non ridurrà il debito/Pil pagherà più interessi sul Pil, con una spirale pericolosa.
Se il Pd avesse usato per investimenti i deficit che hanno fatto salire in 5 anni il debito/Pil dal 118 al 132%, ora avremmo più crescita e più mezzi per la quadra del bilancio. Ma il Pd ha fatto la cicala, con spese correnti improduttive e ora il conto lo pagheremo noi, formiche italiane.
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