Il Pd: «Decisivi per il Quirinale» Asse Fi-Ncd per evitare agguati

Con il rientro di Renzi a Roma partono le manovre prima delle consultazioni ufficiali Il Patto del Nazareno potrebbe allargarsi agli alfaniani per trovare un nome condiviso

Si avvicina il giorno delle dimissioni di Giorgio Napolitano. E sta nelle cose che la marcia che ci porterà alla convocazione del Parlamento in seduta comune per l'elezione del suo successore sia accompagnata da una pletora di dichiarazioni in cui, necessariamente, tutti o quasi si arroccano sulle posizioni ufficiali del proprio partito. Vista così, insomma, l'impressione è quella di un muro contro muro o, quantomeno, di uno scenario piuttosto caotico visto che ognuno propone la sua ricetta (da chi lo vuole «tecnico» a quanti lo chiedono «politico», dai sostenitori del «pacificatore» ai tifosi del curriculum, perché c'è chi lo invoca di area Pd e pure chi lo chiede di scuola Ppe).

In verità, è l'agenda delle prossime settimane a raccontare una situazione decisamente più fluida. Mettendo un istante da parte sia i teorici del Patto del Nazareno che i suoi detrattori, è infatti il timing di gennaio a prospettare uno scenario dove per forza di cose Matteo Renzi e Silvio Berlusconi dovranno in qualche modo «condividere» il nome del successore di Napolitano. Soprattutto se, come sembra, Beppe Grillo non è intenzionato a giocare la partita quirinalizia. Circostanza confermata non solo dal non aver raccolto l'apertura sul nome di Romano Prodi ma anche dalle bordate contro il premier arrivate dal M5S che ha sollevato il caso delle vacanze a Courmayeur con volo di Stato.

L'agenda incrocia inesorabilmente il voto per il Colle con quello sulla nuova legge elettorale (in discussione al Senato) e sulla riforma costituzionale che abolisce Palazzo Madama (alla Camera). Un «pacchetto» di riforme che dovrebbe essere votato entro il 29 gennaio, visto che i tempi parlamentari sono già contingentati. Se si pensa che il calendario comunicato in via informale dal Colle a Palazzo Chigi prevede le dimissioni di Napolitano per il 14 gennaio, si capisce quanto la partita del Quirinale e quella delle riforme siano strettamente legate.

Proprio il 29, infatti, potrebbero iniziare le votazioni del Parlamento in seduta comune. Le trattative, dunque, sono inevitabilmente destinate ad accavallarsi. E l'intesa difficilmente sarà su un punto (riforme) e non sull'altro (Colle).

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