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Il Pd insiste sul complotto e gli alfaniani si accodano

La parola d'ordine è delegittimare l'indagine La linea di Renzi: «Reagiamo con sorriso zen»

Il Pd insiste sul complotto e gli alfaniani si accodano

O ra che anche il pm partenopeo Henry John Woodcock si ritrova iscritto nel registro degli indagati per falso in concorso con l'ex capitano del Noe Gianpaolo Scafarto, l'inchiesta Consip che per mesi ha tenuto Renzi e il Giglio magico sulla graticola è sempre più, per il Pd, un complotto ordito per colpire e affondare il segretario dem. Ieri ad aprire le danze è stato proprio l'ex premier, in visita alla scuola di formazione del Pd, la Pier Paolo Pasolini di Milano. All'incontro Renzi ha invitato gli studenti della scuola di partito a diffidare delle fake news e delle «falsità costruite ad hoc per mistificare, una evidente frecciata agli inquirenti dell'inchiesta Consip: «Di fronte a una falsità costruita ad arte per mistificare le cose non reagiamo arrabbiati, ma con un sorriso zen di chi sa che alla fine gli verrà data ragione», chiosa il segretario, aggiungendo che «il tempo è galantuomo» e che «la verità ha le gambe lunghe e quando arriva vale doppio».

Insomma, la parola d'ordine nel partito è delegittimare l'indagine, denunciare il presunto complotto per via giudiziaria contro Renzi e i suoi, e chiedere tra l'altro solidarietà trasversale anche agli altri partiti. Nel Pd, quindi, anche ieri in tanti hanno manifestato perplessità sulla vicenda. A partire dal premier Paolo Gentiloni: «Inaccettabili comportamenti che screditano istituzioni». E poi il ministro per le Infrastrutture Graziano Delrio («Ciò che esce fuori è inquietante»), ma anche il capogruppo dem in commissione Antimafia, Franco Mirabelli. Il senatore ha scelto un tweet al veleno per attaccare Woodcock: «È eversivo se un pm suggerisce informative agli stessi investigatori che suggeriscono ad un altro pm di colpire Renzi». «Sconcertata» anche la vice ministro dello Sviluppo economico, Teresa Bellanova. Per l'esponente Pd del governo, «il nostro Paese ha già pagato un costo altissimo a commistioni e torbide ingerenze di questo genere che, se fossero confermate sarebbero gravissime», e dunque reclama «verità con urgenza».

L'appello agli altri partiti e ai non renziani, lanciato ieri dal titolare del Mibact Dario Franceschini, non cade certo nel vuoto, con Cesare Damiano che esprime solidarietà al segretario e si dice preoccupato per una «situazione molto grave anche per la democrazia». Scende in trincea anche il presidente della commissione Esteri del Senato Pier Ferdinando Casini, che stigmatizza il comportamento «vergognoso e inquietante» degli inquirenti del caso Consip, e con Renzi si schierano pure Fabrizio Cicchitto e il ministro degli Esteri, Alfano.

Nell'opposizione, però, qualcuno storce il naso. Il capogruppo azzurro a Montecitorio, Renato Brunetta, rimarca l'«ipocrisia» della sinistra, immobile - Franceschini compreso - «quando simili comportamenti e atteggiamenti da parte della stampa e del Pd erano rivolti a Berlusconi e tentavano di disarcionarlo».

Stessa linea per Maurizio Gasparri («chi oggi invoca solidarietà ha taciuto di fronte alla persecuzione sistematica che ha colpito il centrodestra e Berlusconi»), mentre il deputato pentastellato Danilo Toninelli attribuisce addirittura a Renzi l'«atto eversivo» di evocare il complotto: «È la prova che ha paura».

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