Il Pd mette il broncio per il governo E litiga sulle alleanze del futuro

Martina guarda ancora a Leu. Ma teme lo strappo di Renzi

Il Pd mette il broncio per il governo E litiga sulle alleanze del futuro

Roma Non è facile neppure la vita del menagramo (Renzi avrebbe detto «gufo»). Per il Pd che resta alla finestra sperando nello sconquasso, e sparando sulle disavventure della goffa coppia Di Maio-Salvini, il problema maggiore non è poi neppure quello della formazione del governo. E se l'ex segretario fiorentino ha invitato a guardarlo con simpatia e gioia, perché poi si sarebbe lucrato dall'opposizione sugli errori giallo-verdi, il fedele presidente Orfini cerca di rincuorare una truppa che, tra le mestizie del Nazareno e la crisi d'astinenza del potere, evidentemente vede assai giù di corda. «Nessuno è soddisfatto né felice, ma è l'esito del voto di milioni di italiani. Si chiama democrazia e non le si può mettere il broncio solo perché non ci piace il risultato», scrive su Democratica.

Ma il vero problema, si direbbe, è che forse il governo neppure partirà. E che a lucrare dall'esterno, ora che Berlusconi è tornato in campo a tutti gli effetti, ci sarà lui. E a comandare il gioco dell'opposizione sarà sempre lui. Al Pd, insomma, sembra che non resti altro se non occuparsi del proprio ombelico, cosa né agevole né proprio allegra. Sabato è in programma l'Assemblea nazionale che dovrà decidere se fare un congresso subito o eleggere un segretario. Certo, un po' di chiarezza sul governo avrebbe fatto piacere, ma si spera che fino a sabato qualcosa succeda. Anche perché «questo tira-e-molla ha stufato», si spazientisce il reggente Martina. «Dicano chiaramente fino in fondo se sono nelle condizioni di avanzare una proposta... Di Maio vuole scrivere la storia, ma stia con i piedi per terra...». All'interno del Pd il fragile Martina gioca la sua partita con il massimo dell'understatement. Parla di «lavoro di ricostruzione dal basso per il prossimo anno per arrivare al Congresso bene» e si schermisce: «Non penso di essere Goldrake né voglio diventarlo, c'è bisogno di tutti». La sinistra di Orlando gli dà una sponda: vuole che il Pd «ricostruisca il rapporto con settori popolari della società e si rimetta nelle condizioni di fare opposizione». I renziani, invece, puntano ad accelerare i tempi per il Congresso, e piazzare un candidato forte. «Martina corra per le primarie», sfidano. La richiesta arriva da Rosato, e implica soprattutto una scelta di campo per le alleanze future. I sospetti su eventuali sconquassi dell'intero sistema politico, con la nascita di una formazione renziana doc, non sono svaniti. Anche se Martina nega che «Renzi pensi all'organizzazione di un altro soggetto politico» che possa andare verso Forza Italia l'idea sotto sotto resta e Martina sfida «chi pensa di costruire l'alternativa a Lega e M5S con Berlusconi» a uscire allo scoperto.

Lui vorrebbe una ricomposizione lenta verso la sinistra di Leu, i renziani una scomposizione e ricomposizione su altri schemi. Ma prima occorrerà capire se un'alleanza del genere si possa cementare sui banchi della comune opposizione, oppure no.

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