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Pizzini e coltello nella giacca dell'autista. II gip: "Un fedelissimo, custode di segreti"

"È finita" gli avrebbe detto il boss all'arrivo dei carabinieri. Ma Luppino continua a negare: "Non sapevo chi fosse davvero"

Pizzini e coltello nella giacca dell'autista. II gip: "Un fedelissimo, custode di segreti"

Altro che un passaggio in macchina dato a Messina Denaro per la prima volta e «per cortesia». Altro che «non sapevo chi fosse». A quanto risulta ai pm di Palermo, Giovanni Luppino - l'autista che lunedì mattina ha accompagnato il boss latitante alla clinica La Maddalena - sarebbe «la persona più vicina allo storico capo della mafia trapanese su cui forze di polizia giudiziaria e magistratura siano riusciti ad oggi a mettere le mani».

Nella richiesta di convalida dell'arresto e di ordinanza di custodia cautelare di Luppino, 59enne, finora incensurato, viene chiaramente scritto che il commerciante di olive trapanese è un «collaboratore certamente fidato», perfettamente a conoscenza di chi fosse colui che si celava dietro l'identità di Andrea Bonafede. Anche perchè altrimenti è dura pensare che una persona si potesse alzare alle 5 del mattino per dare un passaggio a uno sconosciuto.

L'autista di un boss, affermano, è «necessariamente un soggetto di assoluta fiducia e inevitabilmente al corrente del delicato compito affidatogli». Soprattutto se si considera che Messina Denaro è riuscito a restare latitante per 30 anni, cosa che mai avrebbe potuto fare senza poter contare su una cerchia di alleati. Luppino ha quindi «contribuito, in senso materiale e causale, alla prosecuzione della latitanza: facendogli da accompagnatore personale ha certamente garantito» al boss «possibilità di spostamento in via riservata senza necessità di dover ricorrere a mezzi di locomozione direttamente condotti dallo stesso latitante o mezzi di locomozione pubblici o privati che potessero in qualche modo esporlo alla cattura».

Lunedì mattina, Luppino, vedendo i carabinieri avvicinarsi, avrebbe chiesto al capomafia se cercassero lui. «Si, è finita» avrebbe risposto Messina Denaro. A riferirlo al gip è lo stesso autista, sostenendo di essersi reso conto della vera identità del boss solo in quel momento.

Eppure ogni dettaglio stride con il suo racconto ed ora l'uomo è in carcere con l'accusa di favoreggiamento aggravato. Lasciarlo libero vorrebbe dire dargli la possibilità di far sparire chissà quali prove o documenti, a cominciare dai pizzini, alcuni dei quali nascosti nella tasca del suo giaccone al momento dell'arresto, assieme ad appunti e a una serie di numeri su cui gli investigatori avranno parecchio da lavorare. «Custodisce segreti» sono convinti gli inquirenti che vedono in lui un possibile testimone chiave. Non solo, Luppino aveva addosso anche un coltello a serramanico della lunghezza di 18,5 centimetri.

E due cellulari, dettaglio che ha insospettito ulteriormente il gip: «Si segnala, al riguardo la particolare accortezza dimostrata da Luppino che ha posto i cellulari in modalità aerea prima di spegnerli, nell'evidente tentativo di innalzare al massimo il livello di cautela e riserbo onde evitare che gli apparecchi si agganciassero alle celle telefoniche di zona, così consentendo la mappatura dello spostamento».

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