"Il populismo a 5 stelle trascinerà in basso le nuove generazioni"

L'industriale-deputato: «Proposte pericolose, ma è controproducente demonizzare Grillo»

"Il populismo a 5 stelle trascinerà in basso le nuove generazioni"

Alberto Bombassei, presidente del gruppo Brembo e deputato di Civici e innovatori, il rafforzamento dell'M5s evidenziato dai recenti sondaggi costituisce un elemento di preoccupazione?

«Le racconto un aneddoto sull'avvio del mio rapporto con i 5 Stelle. Quasi tre anni fa, durante una seduta parlamentare che ha forti analogie con quella di ieri, un esponente del movimento mi aveva aggredito verbalmente, era saltato sul mio banco e mi aveva urlato: Taci! Tu che sei qui a difendere gli interessi di quelli come te!. Un attacco del genere per me che ho interpretato l'esperienza in politica come un servizio al mio Paese, mi fece pensare seriamente di chiudere lì la mia avventura in Parlamento. Ma sono testardo e sono rimasto soprattutto dopo aver capito che la politica non è solo il desolante spettacolo di chi urla e aggredisce verbalmente in Parlamento e nei talk show. Il lavoro vero, il più utile e produttivo, si fa in commissione. E in quell'ambito ho imparato a distinguere, anche tra i 5 stelle, che ci sono differenze di qualità».

Quindi è preoccupato per la crescita del M5s?

«Sono molto più preoccupato per la determinazione e la scelleratezza con cui centrodestra e centrosinistra stanno percorrendo la strada dell'autodistruzione. Ma sono un ottimista spero che le due coalizioni possano ritrovare un ruolo centrale. Basterebbe rifarsi a quanto accaduto in una città come Milano alle ultime amministrative: il M5s è stato una mera comparsa. Sono convinto che, demonizzandolo, si faccia il gioco di Grillo e del suo movimento. Le proposte dei grillini sono da guardare, sempre, alla luce della loro fattibilità. Penso al reddito di cittadinanza e mi domando quanto potrebbe essere disincentivante per un giovane non essere costretto a cercare lavoro perché ha già una base che gli consente di sopravvivere. È questa la mia paura, che il populismo tenda a livellare le nuove generazioni verso il basso e a deresponsabilizzare la società civile. I problemi che il Paese deve affrontare sono molti, ma le soluzioni proposte dal movimento 5 Stelle sono molto spesso sbagliate e pericolose e inapplicabili».

Quali responsabilità ascrive alla classe dirigente?

«È evidente che la politica degli ultimi vent'anni non è stata in grado di capire difficoltà e istanze della società italiana, e meno ancora ha saputo interpretare la gigantesca rivoluzione che io sostengo, non certo negativa che la globalizzazione ha innestato».

Da imprenditore pensa che la sua categoria abbia fatto tutto ciò che poteva? O che, invece, sia stata troppo contigua alla politica?

«Non ho mai lesinato critiche alla classe imprenditoriale. Né ho mai sostenuto che gli imprenditori siano una categoria eletta e abbiano la ricetta per curare tutti i mali del Paese. Il problema, a mio parere, non è la relazione tra mondo economico e mondo politico, che esiste in misure differenti in tutto il pianeta. Credo invece che la vera sconfitta di molti imprenditori, sia stata quella di non capire e interpretare le opportunità che il nuovo scenario di mercato offriva, attrezzandosi alla nuova competizione su scala globale».

Quali sono i rimedi per arginare questa escalation?

«Una proposta politica chiara e rigorosa. Che individui le criticità più urgenti a cui governo e Parlamento sono tenuti a dare una risposta. L'esempio della marcia indietro del governo Gentiloni sui voucher, che ha aperto una voragine normativa sulle piccole prestazioni occasionali, è esplicativo. Non è con due passi avanti e tre indietro che si conquisterà la fiducia dei cittadini.

Va realizzata una spending review mirata e che ponga fine a questa emorragia continua di soldi pubblici che vanno a finire nei rivoli di una burocrazia mastodontica. Non da ultimo va poi affrontato in modo strutturale il tema della disoccupazione giovanile, una delle prime cause della decadenza di un Paese.

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