Precarietà, la Cei dà ragione al Cavaliere

Anche i vescovi per il superamento del Jobs Act proposto da Berlusconi

Precarietà, la Cei dà ragione al Cavaliere

Milano - «Lavorare meglio, lavorare tutti», cioè combattere il «precariato» e anche l'«idolatria del lavoro». È il cuore del discorso del presidente della Conferenza episcopale italiana, il cardinale Gualtiero Bassetti, al convegno della Facoltà teologica dell'Italia settentrionale «Il lavoro: dimensione umana e dimensione spirituale».

Fedele al titolo della mattinata, il discorso del cardinale Bassetti si è fatto molto concreto. L'invito del padrone di casa, l'arcivescovo di Milano e gran cancelliere della Facoltà, Mario Delpini, era stato esplicito: «Incrociare interpretazione teologica e pratica virtuosa».

Bassetti, dopo un'introduzione sulla storia del magistero della Chiesa, è entrato nella più stretta attualità, il dibattito sui temi del lavoro che arroventa la politica in piena campagna elettorale. «Bisogna impegnarsi per i problemi concreti della povera gente, casa, lavoro, scuola e pane, senza populismi» ha detto il presidente della Cei, che ha parlato a lungo del tema del precariato.

Si parla di modificare il Jobs Act, per ridurre il numero di lavoratori precari (idea lanciata da Silvio Berlusconi, ndr), la domanda al cardinale durante un intervallo dei lavori. «Le formulazioni sono relative, non entro nei dettagli» risponde equanime il presidente dei vescovi italiani. Poi, alla ripresa del convegno, parlando ampiamente a braccio su un testo scritto, non riesce a non scaldarsi su ciò che gli sta a cuore: «Penso alla precarietà del lavoro, una condizione sociale estremamente diffusa e che va assolutamente superata. Quando leggo su un giornale che ho qui (che cita i recenti dati Istat sull'occupazione, ndr) che gli occupati sono al massimo dal 1977 ma poi constato che i nuovi assunti sono precari, che tra i nuovi occupati solo uno su dieci ha un contratto a tempo indeterminato e che il tasso di disoccupazione dei giovani è del 32,7%, con punte altissime in Sicilia, cerco di essere coscienza critica».

Parla in piedi, si scalda e aggiunge: «La precarietà del lavoro è una delle questioni sociali più gravi e colpisce soprattutto i giovani». Da arcivescovo di Perugia, rivela di averne esperienza diretta soprattutto per i giovani che riceve in udienza in Umbria: «Il grido dei ragazzi è continuo: lavoro, lavoro, lavoro». Fino alla conclusione: «È necessario riscrivere un nuovo patto sociale, un'alleanza generazionale che guardi concretamente al bene comune e non faccia più cadere sulle spalle dei giovani i costi della crisi e dei mutamenti socioeconomici».

La conclusione ha toni drammatici per chi se la passa peggio: «Oggi i precari sono i moderni schiavi delle

società ricche. Costretti a vivere in uno stato di perenne alienazione, ai margini della società, perdendo la gioia di vivere e la speranza nel futuro. Occorre uscire da questa palude ingiusta e iniqua». Gli atti alla politica.

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